Il Kenia è generalmente considerato la culla dell’umanità, dove recenti scoperte archeologiche hanno portato alla luce tra i più antichi reperti fossili umani, risalenti all’homo habilis (tra 1,8 e 2,5 milioni di anni fa).

Le prime tribù a lasciar tracce furono di origini Cuscitiche che dal nord dell’Africa si stabilirono nella regione attorno al 2000 a.C. Tremila anni dopo, giunsero gli arabi assieme ai popoli Bantu e Nilotici, i quali attualmente compongono tre quarti della popolazione keniota.

La storia della moderna nazione keniota cominciò, però, con l’arrivo dei coloni europei. I primi a raggiungere le coste furono i portoghesi. Nel 1498 Vasco da Gama si spinse fino alla città di Mombasa, nel sud del paese, costruendovi importanti scali commerciali.

La presenza lusitana durò fino al seicento, scalciata dalle ripetute incursioni britanniche e tedesche, anche se solo nel 1888 la nazione entrò a far parte della Compagnia Britannica dell’Africa Orientale.

Nonostante la feroce opposizione da parte di tribù indigene, proprio in quegli anni, i britannici costruirono la storica linea ferroviaria che collegava il Kenia all'Uganda, utilizzando per lo più operai provenienti dalle Indie orientali, i quali si stabilirono nella regione formando tra le più grandi comunità asiatiche d’Africa.

Dopo la prima guerra mondiale, e la sconfitta dei tedeschi, il dominio inglese divenne sempre più saldo, tanto che negli anni ‘30 circa 30,000 coloni si impossessarono delle terre un tempo appartenute alle tribù Kikuyu, impedendo loro ogni accesso alle coltivazioni.

Nel secondo dopoguerra, i Kikuyu si organizzarono in un movimento politico rivoluzionario il Mau Mau, dal quale sarebbe nato il Kenia African National Union (KANU), il partito del futuro primo presidente keniota Jomo Keniatta. Le prime elezioni libere si tennero nel 1957, ma solo il 12 dicembre 1963, Keniatta formò il governo del nascente stato indipendente che guidò fino alla morte nel 1975.

Durante il periodo di transizione, a differenza di quanto avevano sperato i britannici, sia la classe dirigente che l’apparato politico si affrancarono sempre più dall’influenza europea, basando il proprio potere su una rete di favoritismi legati alle divisioni settarie e etniche. Tali meccanismi risultarono decisivi, permeando sempre più la struttura sociale e politica keniota, tanto da doversi considerare alla base delle violenze che di recente hanno insanguinato il paese.