La prima guerra del Golfo (definita così dal 2003, anno in cui è scoppiato un nuovo conflitto in Iraq) durò poco più di un mese. Sotto l'egida dell'ONU, il contingente internazionale, con a capo gli Stati Uniti, costrinse Saddam Hussein a ritirare le truppe irachene dal Kuwait. La Guerra Fredda ormai era cosa del passato. L'URSS andava man mano sgretolandosi, e un'altra minaccia allertava la Comunità Internazionale.

Il Rais (dittatore) iracheno, a capo di un regime laico, di ispirazione socialista, rappresentava una minaccia per la stabilità di un'area geografica così importante come il Golfo Persico, ricco di giacimenti di petrolio. All'epoca il presidente USA era George Bush senior, che in passato aveva fatto fortuna soprattutto nel settore petrolifero e, per sua stessa ammissione, molto più interessato alla politica estera che a quella interna.

Il 2 agosto 1990, Saddam Hussein, presidente iracheno, invase il vicino stato del Kuwait. Il rais rivendicava i territori kuwaitiani come antichi possedimenti dell'Iraq, risalenti alla caduta del Sultanato ottomano. Inoltre, il rais accusò il piccolo emirato di aver abbassato il prezzo del greggio estraendone più di quanto concordato in sede OPEC. Subito dopo l'invasione, l'ONU riunì il proprio Consiglio di Sicurezza e lanciò un ultimatum a Saddam per il ritiro delle truppe irachene. Il 27 novembre 1990 le Nazioni Unite approvarono la risoluzione numero 678, in cui l'ultimatum fu stabilito per il 15 gennaio 1991.

Nonostante una serie di sanzioni economiche contro il regime di Baghdad, e il massiccio dispiegamento di forze militari statunitensi nella regione (l'operazione inizialmente prendeva nome di Desert Shield, lo scudo del deserto, a protezione dell'Arabia Saudita da una eventuale invasione irachena), il 17 gennaio 1991, le truppe della Coalizione internazionale dichiararono guerra a Saddam. Le forze in campo, però, erano del tutto sbilanciate in favore della Coalizione, a cui presero parte ben 32 paesi (compresi quelli arabi e l'URSS). Il contingente internazionale era composto di 540.000 unità, con circa 100.000 soldati turchi dispiegati lungo il confine tra Turchia e Iraq. Di contro le truppe del rais erano giovani, con scarse risorse e un addestramento inadeguato.

Desert Storm – L'operazione dell'esercito USA prese il nome di Desert Storm ("Tempesta nel deserto"). In pochi giorni, dopo una serie di bombardamenti, l'avanzata delle forze di terra conquistò il suolo iracheno, costringendo, il 26 febbraio 1991, il rais ad ordinare il ritiro delle truppe dal Kuwait, che fu liberato definitivamente due giorni dopo. Durante le operazioni di ritirata, le truppe irachene incendiarono tutti i campi petroliferi che trovarono lungo la strada. Intanto, proprio il 26 febbraio, lungo l'autostrada che congiungeva l'Iraq al Kuwait si formò un lungo ingorgo composto dal contingente iracheno in ritiro.

Le milizie internazionali bombardarono pesantemente il convoglio. Il risultato fu una vera strage. I giornalisti che andarono sul luogo dopo la battaglia, la ribattezzarono l'Autostrada della Morte. Dopo i primi scontri, l'esercito iracheno fu accusato di aver versato in mare 40 milioni di galloni di petrolio, per bloccare lo sbarco dei Marines. Anche se il governo di Saddam rigettò ogni accusa, la guerra nel Golfo ebbe ripercussioni devastanti per tutto l'ecosistema dell'intera area del Golfo Persico. Gli accordi postbellici restrinsero molto il raggio d'azione del Rais. Le Nazioni Unite imposero a Baghdad di rinunciare alla costruzione delle famigerate armi di distruzione di massa (cioè, armi chimiche, biologiche o nucleari).

Dal 1991 al 1998, infatti, furono mandati i primi ispettori ONU per verificare il disarmo iracheno. Inoltre, i paesi del Golfo, confinanti con l’Iraq, acconsentirono ad ospitare basi statunitensi in cui aerei USA e britannici avevano il compito di sorvegliare le due no-fly zones (spazi aerei, uno al nord e uno al sud dell’Iraq, interdetti ai velivoli militari iracheni).

Le sanzioni imposte nel 1990 subito dopo l'invasione del Kuwait non furono abrogate. In seguito alle devastanti conseguenze che queste stavano avendo sulla popolazione civile, però, le sanzioni furono trasformate nel programma Oil for Food, che permetteva all'Iraq di vendere petrolio in cambio di generi di prima necessità. Secondo le previsioni della Casa Bianca, la guerra avrebbe rappresentato un esempio della più avanzata tecnologia bellica. I missili impiegati, i famigerati BGM-109 Tomahawk, le cosiddette bombe intelligenti (destinate esclusivamente a target militari) lanciate dagli aerei "invisibili" Lockheed F-117 Nighthawk avrebbero dovuto impedire avrebbero dovuto impedire "inutili" massacri della popolazione civili.

Ma come in tutte le guerre, la stima dei morti è imprecisa e dipende da chi fa la conta dei cadaveri. Di sicuro, la guerra intelligente non risparmiò vittime civili. Mentre si stima che le perdite irachene ammontarono a circa 20.000 militari e quelle della Coalizione furono 213 di cui 148 statunitensi, i morti civili iracheni furono circa 4.000. Circa il 30% delle 700.000 persone che servirono nelle forze statunitensi durante la guerra soffrono attualmente di gravi sintomi le cui cause sono da attribuire all'utilizzo di uranio impoverito e altri elementi tossici utilizzati nelle operazioni militari. La maggior parte delle vittime della Coalizione, inoltre, furono vittime del cosiddetto "fuoco amico", cioè accidentali da parte di forze amiche.

Dei 147 statunitensi morti in battaglia, il 24% fu uccisa proprio da pallottole sparate da altri militari del contingente internazionale. Secondo le stime del Dipartimento di Difesa statunitense, la prima Guerra del Golfo costò 61 miliardi di dollari, anche se altre fonti parlano di 71 miliardi. Più di 53 miliardi di dollari furono offerti dai paesi della Coalizione, in particolare dal Kuwait, l'Arabia Saudita. la Germania e il Giappone.