Dopo la morte di Mao, la giuda della Cina fu affidata a Hua Guofeng. Nominato "erede" dallo stesso Mao, Hua aveva allontanato dal Partito i gruppi più riformisti, tra i quali spiccava Deng Xiaoping. Eroe della Rivoluzione del 1949, dopo il fallimento del Grande Balzo in Avanti, Deng era diventato il maggior detrattore nonché avversario di Mao. Del resto, molti storici concordano nel considerare la Rivoluzione Culturale uno strumento creato da Mao per contrastare proprio l'ala riformista del Partito e mettere all'angolo politici influenti come Deng, Segretario Generale del Partito Comunista Cinese fino all'inizio degli anni '60.

Una lunga serie di attentati e di misteriosi incidenti attraversarono la vita di Deng, a partire dal 1976, anno della morte di Mao, fino al 1981, quando riuscì ad allontanare Hua Guofeng dalle alte cariche di governo, e ne prese il posto. Le posizioni del nuovo leader cinese era del tutto diversa da quelle dei suoi predecessori, soprattutto in materia economica. Durante il XII Congresso Nazionale del PCC, nell'82, Deng riuscì a far passare la sua linea, incentrata sulla necessità di integrare la "verità universale" del marxismo con la realtà concreta della Cina e quindi costruire un socialismo con le caratteristiche cinesi.

Non importa che il gatto sia bianco o nero; ciò che importa è se acchiappa i topi", così Deng riassumeva il suo modello economico, in contrasto con una metafora simile usata da Mao in passato: "Essere Rosso è più importante che essere esperto". La posizione di Deng era in netta opposizione con quella del Grande Timoniere che voleva costruire una Cina comunista, grazie ad un rigido sistema economico e sociale fondato sulla dottrina marxista. In contrasto con la Cina di Mao la cui economia doveva essere autosufficiente, Deng intraprese la strada delle riforme, soprattutto in materia economica, aprendo gradualmente i mercati cinesi alle imprese estere, liberalizzando il mercato e affiancando alle imprese statali delle piccole imprese private. Solo in questo modo la Cina sarebbe potuta diventare competente con le moderne nazioni occidentali.

La creazione di Zone Economiche Speciali (ZES), cioè aree con speciali legislazioni in materia economica, come incentivi fiscali per gli investimenti stranieri, attirarono capitali stranieri e le zone meridionali come Guangdong e Shenzhen diventarono punti nevralgici per la crescente economia cinese. I punti cardini per la nuova leadership cinese erano quattro, agricoltura, industria, scienza e tecnologia, apparato militare, così il programma prese il nome di Quattro Modernizzazioni. Uno degli elementi essenziali delle riforme fu la creazione di una classe di funzionari e tecnici competenti, capaci di comprendere e gestire al meglio il cambiamento strutturale che il paese stava attraversando. In questo modo si abbandonava il modello di economia collettivista di Mao.

La grande rivoluzione di Deng non fu soltanto aprire ai mercati esteri l'economia cinese, ma fare in modo che gli utili prodotti dall'industria potessero servire, attraverso un efficace sistema di tassazione, a finanziare il programma di riforma e l'innovazione tecnologica nei settori strategici delle Quattro Modernizzazioni. Deng, infatti, aveva messo in moto quel processo economico che avrebbe portato la Cina a cavalcare una crescita del 10% annuo. In politica estera, l'atteggiamento di Pechino fu altrettanto "rivoluzionario". L'apertura economica coincise con una maggiore apertura politica e militare. Già nel 1972, Mao aveva ospitato a Pechino il presidente statunitense, Richard Nixon, Deng nel 1979 andò negli Stati Uniti per incontrare il presidente Carter.

I rapporti sino-sovietici, invece, rimasero freddi. Sin dalla Rivoluzione del '49, Pechino considerava l'espansionismo della vicina nazione comunista una minaccia, soprattutto per la sua vicinanza. Così, dopo una prima fase di collaborazione con Mosca, i leader cinesi ridussero i rapporti diplomatici con l'URSS e soltanto grazie alla salita di Gorbachev a capo della Unione Sovietica portò a una distensione dei rapporti diplomatici tra le due nazioni. Ma fu soprattutto l'accordo con la Gran Bretagna su Hong Kong a dare una nuova direzione alla politica estera cinese. Nel 1984, Pechino siglò un accordo con Londra in base al quale Hong Kong, ceduta agli inglesi nel 1841 dopo la rovinosa guerra dell'oppio, sarebbe tornata ad essere territorio cinese nel 1997. In cambio, Deng si impegnò a non interferire con il sistema capitalista dell'isola per i prossimi 50 anni. Un accordo simile fu fatto anche con il Portogallo per Macao.