Era dai tempi della Guerra Fredda che i rapporti tra Russia e Occidente non erano così tesi, ma gli scontri che negli ultimi giorni hanno coinvolto la Georgia e il Cremlino sembrano aver riportato le lancette dell'orologio indietro di almeno trent'anni.


La Georgia – Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, nel 1991, molte delle repubbliche sovietiche ottennero l'indipendenza, tra queste la Georgia, piccolo stato del Caucaso meridionale, ad est del Mar Nero, punto di passaggio tra Europa e Asia.

Sin dalla sua indipendenza, il governo di Tbilisi ha dovuto fare i conti con le forze separatiste, filo-russe in Ossezia, regione al confine con la Russia, e in Abkhazia, formalmente regione autonoma, ma de facto indipendente dopo una sanguinosa guerra contro le milizie georgiane.

Le tensioni tra il Cremlino e Tbilisi sono andate intensificandosi a partire dal 2004, in seguito all'elezione del presidente filo occidentale Mikheil Saakašvili. Poco dopo la sua elezione, Saakašvili, infatti, incontrò a Tbilisi il presidente americano G. W. Bush, garantendosi l'appoggio USA e facendo richiesta ufficiale di entrare all'interno della NATO (già nel 2003, la Georgia ha mandato le proprie truppe a sostegno della guerra in Iraq).


La crisi in Ossezia del Sud – Nella notte tra il 7 e l'8 agosto, mentre il mondo si preparava per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino 2008, l'aviazione georgiana bombardava le forze ribelli dell'Ossezia del Sud e colpi di cannoni centravano Tskhinvali, la capitale della regione.

La risposta russa non si è fatta attendere, in poco meno di 12 ore cacciabombardieri russi hanno bombardato Tbilisi e Gori, a 80 chilometri dalla capitale, città strategica per la sua posizione geografica, ma soprattutto di grande valore simbolico per aver dato i natali al dittatore sovietico Stalin. Nel giro di pochi giorni, l'esercito ha raggiunto Tskhinvali, conquistando l'Ossezia del Sud e costringendo il contingente georgiano al ritiro immediato.

Come spesso accade, però, negli scontri hanno perso la vita numerosi civili. I rappresentati del Cremlino hanno fatto sapere che i raid georgiani in Ossezia hanno causato più di 1.500 vittime, e circa 30mila profughi fuggiti in territorio russo. Dall'altra parte della barricata, Tbilisi sostiene che i bombardamenti russi hanno causato 129 georgiani uccisi e 748 feriti.

Sebbene il 12 agosto, il presidente russo, Dmitry Medvedev, abbia ordinato la fine delle operazioni militari, la situazione continua a rimanere incerta. Tra annunci di ritiro e mantenimento di truppe, oggi Mosca ha comunicato che il ritiro definitivo dai territori dell'Ossezia del Sud avverrà entro 10 giorni.

Le perplessità, però, rimangono. Il quotidiano americano New York Times parla di missili russi al confine con l'Ossezia, puntati contro la capitale della regione. Al tempo stesso, il Cremlino ha dichiarato che manterrà almeno 500 soldati (peacekeeper) nella zona di sicurezza che circonda la regione. Intanto le autorità di Tskhinvali hanno votato all'unanimità una proposta di indipendenza dal governo di Tbilisi.


La risposta internazionale – L'Occidente ha fermamente condannato la controffensiva russa, considerata all'unisono spropositata. La diplomazia europea si è mossa compatta. Subito dopo i primi scontri, il presidente francese Sarkozy, in veste di presidente di turno della Unione Europea, è volato nella capitale russa, per dissuadere Mosca da una possibile invasione militare della Georgia, facendo pressione per un ritiro immediato.

Dall'altra parte dell'Atlantico, gli Stati Uniti, principali alleati di Tbilisi, hanno avvertito Mosca che qualsiasi altra operazione militare contro la Georgia potrà avere un "significativo impatto di lungo termine" sulle relazioni fra le due potenze.

A complicare ulteriormente i rapporti tra Mosca e Washington è l'accordo tra Polonia e NATO, siglato il 20 agosto, per l'installazione entro il 2012 sul suolo polacco, a 160km dal confine con la Russia, di dieci missili Patriot, capaci di intercettare e distruggere in volo eventuali missili balistici a lunga gittata.

Nonostante gli Stati Uniti abbiano sottolineato in più riprese che la funzione dei missili è soltanto difensiva, la firma a Varsavia tra il segretario di stato USA, Condoleezza Rice, e il ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha indispettito non poco il Cremlino.

Gli unici paesi ad avere appoggiato l'intervento militare russo in Georgia sono stati Bielorussia e Siria, nemico di Israele in Medio Oriente, accusata dagli Usa di sostenere il terrorismo internazionale. Inoltre, come risposta diretto alla Scudo Spaziale statunitense, una fonte diplomatica russa ha fatto sapere che Mosca e Damasco stanno preparando una serie di accordi che comprendono sistemi missilistici antiaerei e anticarro.


Di nuovo il mondo diviso in due? – La crisi del Caucaso ha avuto delle ripercussioni fortissime a livello internazionale, riproponendo, dopo anni di "pacifica convivenza", la vecchia opposizione Stati Uniti versus Unione Sovietica.

Anche se l'URSS non esiste più e gli equilibri geopolitici sembrano essere mutati, i fatti di questi giorni indicano come il Cremlino stia cercando di far sentire il proprio peso sullo scacchiere internazionale.

Medvedev e Putin, rispettivamente presidente e primo ministro, anche se quest'ultimo sembra essere il vero detentore del potere, hanno mostrato i muscoli, intimidendo non solo le ex repubbliche sovietiche.

Infatti, anche se l'Unione Europea ha cercato di contribuire in maniera decisa ad una possibile risoluzione della crisi, è ancora troppo dipendente dalla Russia per gli approvvigionamenti di gas, per alzare troppo la voce. Mentre a pochi mesi dalle presidenziali, negli States la crisi del Caucaso avrà non poche ripercussioni anche a livello nazionale, diventando argomento di dibattito tra i dei due candidati alla Casa Bianca.