In seguito alla nascita dello stato di Israele, molti palestinesi furono costretti ad abbandonare le proprie terre, cercando rifugio nei paesi confinanti o nei campi profughi organizzati dalle Nazioni Unite.

Le condizioni di vita erano molto dure sia nei campi profughi che nei territori arabi della Palestina, in particolare nella striscia di Gaza, divisa tra l'amministrazione egiziana e israeliana. L'economia palestinese era marginale, soprattutto se paragonata al boom economico che viveva lo stato ebraico. In risposta, nei primi anni '60, all'interno dei campi profughi, fiorirono varie organizzazioni con lo scopo di riportare le popolazione arabe in Palestina e distruggere lo stato di Israele.

Così, nel 1958 in Kwait, un giovane Yasser Arafat e altri esuli palestinesi fondarono al-Fatah, acronimo arabo di Movimento Palestinese di Liberazione. Parallelamente a Il Cairo nel 1964, i leader arabi diedero vita alla OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), il braccio politico di questi gruppi, per lo più dediti ad attività armate e di guerriglia contro gli obiettivi israeliani. Assieme a Fatah, nacquero altre organizzazioni, come il Fronte democratico per la liberazione della Palestina, il Fronte popolare, tutte raggruppate sotto il tetto dell'OLP, nonostante le differenze politiche e le tattiche militari.

Il 3 febbraio 1969, Yasser Arafat, leader di Fatah, divenne capo di dell'OLP, ponendosi alla giuda del movimento palestinese. La leadership di Arafat rappresentò un vero e proprio elemento di rottura rispetto al passato. L'OLP non era più una struttura che dipendeva dalle nazioni arabe, ma un'organizzazione indipendente e nazionalista con base in Giordania (dove vivevano la maggioranza degli esuli palestinesi). Personaggio carismatico e controverso, Arafat si distinse ben presto per le sue abilità diplomatiche. In breve tempo, infatti, diede enorme visibilità all'OLP, facendo guadagnare all'organizzazione il riconoscimento internazionale.

Dopo le ripercussioni del governo giordano contro i gruppi palestinesi armati (che portarono alla proliferazione di gruppi estremisti come Settembre Nero), Arafat cercò riparo in Libano, ma una serie di raid israeliani (in cui lo stesso leader rischiò la vita) uccisero diversi membri dell'OLP. Nonostante tutto l'organizzazione rimase in piedi e Arafat trasferì il suo quartiere generale a Tunisi.

Intanto l'attività diplomatica del leader palestinese continuò con grande impegno e nell'ottobre 1973, durante un summit a Rabat, in Marocco, a cui presero parte i capi di stato dei paesi arabi, Arafat convinse re Hussein di Giordania a supportare la causa palestinese e a riconosce l'OLP come unico interlocutore.

l 13 novembre 1974, inoltre, diviene il primo rappresentante di un'organizzazione non governativa a parlare ad una sessione generale delle Nazioni Unite, ponendo in agenda la questione palestinese da un altro punto di vista. Erano gli stessi palestinesi a farsi portavoce delle loro esigenze. Lo stesso anno, Arafat ordinò all'OLP di sospendere qualsiasi azione militare al di fuori di Israele, della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Per il governo di Tel Aviv, però, Arafat era il responsabile per la nascita dei gruppi palestinesi più estremisti. Dal loro canto, gli Stati Uniti continuarono a rifiutare il dialogo con l'OLP fin quando l'organizzazione palestinese non avesse riconosciuto il diritto di Israele ad esistere.

A partire dal 1987, nei Territori Occupati si alzò un moto popolare che cercava di combattere la presenza israeliana. L'Intifada (in arabo "brivido, scossa"), attraverso scioperi, disobbedienza civile e il lancio di pietre contro i tank israeliani cercò di attirare l'attenzione dei media e della comunità internazionale sulla complicata situazione medio orientale.

Un anno dopo, mentre il conflitto in Israele andava radicalizzandosi, la politica dell'OLP cambiò rotta. In un discorso a Ginevra presso le Nazioni Unite, Arafat annunciò che l'OLP avrebbe rinunciato al terrorismo e avrebbe sostenuto "Il diritto a tutte le parti coinvolte nel conflitto di Medio Oriente a vivere in pace e sicurezza, inclusi lo stato di Palestina, Israele e gli paesi confinanti".

Eccetto per uno strappo nel 1991, quando l'OLP decise di sostenere Saddam Hussein durante la prima guerra del Golfo, i rapporti tra Arafat, lo stato di Israele e, soprattutto, gli Stati Uniti andarono migliorando, fino a giungere agli storici accordi di Oslo del 1993. In seguito agli accordi, nacque l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP), e nelle elezioni del 1996 Arafat ne divenne il presidente.

Nel 1994, assieme a Yitzhak Rabin e Shimon Peres, ricevette il Nobel per la Pace. Al tempo stesso, i suoi rapporti con le organizzazioni terroristiche palestinesi, e l'abbandono del tavolo delle trattative a Camp David nel 2000, gettarono un'ombra lunga sulla sua personalità e sulla sua leadership, incastrata tra le complesse dinamiche e la corruzione dell'ANP e le aspettative della comunità internazionale, dove Israele ha sempre giocato un ruolo fondamentale.