Durante l'età classica, greci e romani vennero a contatto con i popoli africani che vivevano lungo le coste del Mediterraneo. Una delle prime popolazioni conosciute furono gli Afri, che vivevano nei pressi di Cartagine, contro i quali i romani si scontrarono nel corso delle guerre puniche (264-146 a.C.). Da loro deriva il nome del continente.

I berberi abitavano il nordafrica probabilmente già dal secondo millennio a.C. e ancora tutt'ora formano un gruppo cospicuo all'interno del mosaico etnico continentale. Cacciati dalle coste dagli arabi nel VII secolo, attualmente i berberi sono per lo più dislocati nella vasta regione magrebina, che attraversa Tunisia, Libia, Algeria, Mauritania e Marocco.

Soltanto in quest'ultimo paese, dove l'etnia berbera compone il 40% della popolazione, esiste un Istituto Reale per la Cultura Berbera, mentre in Algeria, dove compongono il 12% della popolazione, soltanto da pochi anni il berbero è diventato lingua ufficiale assieme all'arabo. Dall'altra parte del continente, al confine col Medio Oriente, la civiltà egizia con le sue meraviglie ammaliò greci e romani, mentre il vicino regno della Nubia, attuale Sudan settentrionale, famoso per l'estrazione dell'oro, fu spina nel fianco per i romani durante la loro presenza in Egitto.

I romani stabilirono rapporti anche con le popolazioni Swahili che abitavano le coste africane affacciate sul Golfo Persico (da Mogadiscio alle rive del fiume Rovuma in Mozambico). Queste zone furono battezzate Azania, dove fiorivano gli scambi commerciali tra africani, orientali e greci. L'Africa subsahariana era quasi del tutto sconosciuta in epoca classica. Lo storico greco Erodoto narra che i primi a raggiungere le coste atlantiche dell'Africa fossero i Fenici nel 600 a.C., ma non esistono prove fondate sulla spedizione. In epoca moderna, eccetto per i sparuti missionari cristiani che nel corso del medioevo furono inviati ad esplorare le zone interne dell'Africa orientale, come Sudan e Etiopia, i primi a spingersi fino alla punta più a sud dell'Africa furono i portoghesi.

Nel 1488 Bartolomeu Dias doppiò il Capo di Buona Speranza. Sin dall'inizio del XV secolo, i lusitani avevano creato scali commerciali lungo la costa. In seguito alla scoperta del Brasile, gli scambi si intensificarono, soprattutto per la tratta degli schiavi destinati alle piantagioni nel Nuovo Mondo. Tre secoli dopo arrivarono inglesi, tedeschi e francesi a ridisegnare i confini delle nazioni africane, imponendo un ordine che inevitabilmente avrebbe stravolto le strutture politiche e sociali indigene. A seguito delle spedizioni coloniali, giunsero in Africa archeologi e antropologi che nel corso degli anni fecero importantissime scoperte.

A partire dai primi anni del XX secolo, tutti infatti furono propensi a considerare l'Africa subsahariana la culla dell'umanità. A partire dal 1925, quando l'antropologo Raymond Dart per primo trovò in Sud Africa i resti di un Australopithecus, ominide da cui si fa risalire il genere umano. Nonostante la convinzione tutta europea di portare la civiltà a popolazioni selvagge e primitive, dal V al XVI secolo, nell'Africa subsahariana fiorirono numerosi imperi e regni con sistemi sociali e politici ben articolati. Nel XIII secolo gli storici arabi scrivevano del regno del Mali guidato da Malinke Sundiata, famoso per la sua prosperità e la sua cultura.

Altrettanto antiche e prosperose furono le città-giardino Swahili, particolarmente famosa era l'isola di Kilwa, situata lungo le coste dell'attuale Tanzania, che a partire dal XIII secolo divenne la città più potente di tutta la costa orientale africana. Dall'altro lato del continente, nella regione che oggi forma la Nigeria, fiorirono le città-stato Hausa. Particolarmente prosperosa fu Zazzau (l'attuale emirato di Zaira) fondata nel XIV secolo dalla Regina Amina che, secondo la leggenda, avrebbe ucciso tutti i suoi numerosi amanti.