Identità Africana
Oltre la lente eurocentrica

Identità africana
Come si può facilmente intendere, è molto difficile parlare di identità africana. Così come è del tutto riduttivo e poco rispettoso cristallizzare in maniera univoca il concetto di identità in un continente così vasto, dove un mosaico di etnie e culture nel corso dei secoli si sono mescolate e influenzate tra loro.
Piuttosto, la domanda da porsi sembra essere cosa sono gli africani per noi europei. L’approccio occidentale nei confronti dell’Africa è sempre stato inficiato da una visione parziale della società e della cultura del continente, scarsamente riconosciute perché non connotate da una tradizione scritta.
In tal senso risulta curioso come proprio in un paese africano, l'Egitto, circa seimila anni fa, si siano prodotti i geroglifici, tra le prime forme di scrittura conosciuta dall’homo sapiens.
Del resto, come giustamente nota il Professor Wosene Yefru dell'Università del Tennessee circa la necessità di riscrivere una storia africana: "Non è la nostra storia dal nostro punto di vista. Ma si tratta della storia africana da un punto di vista europeo".
D'altro canto, durante gli anni della colonizzazione in Europa ci furono diversi dibattiti circa il colore della pelle delle antiche popolazioni che occupavano le rive del Nilo.
In particolar modo, agli inizi del XIX secolo molti studiosi europei si rifiutarono di accettare l’idea una così raffinata civiltà, come quella egizia, potesse essere stata creata da persone di colore.
Nel 1930 l'etnologo inglese Charles Seligman pubblicò il libro "Le razze dell'Africa" in cui sosteneva che l’antica civiltà egizia fosse creata da una razza chiamata Hamites, proveniente dall'Asia.
In epoca moderna, a seguito delle importanti correnti di pensiero post-coloniali che hanno duramente criticato non solo la politica ma l’intero sistema di valori occidentale, sono state ribaltate le "assurde" teorie antropologiche di inizio secolo.
In particolar modo è da considerarsi "rivoluzionario" il libro Balck Athena di Martin Bernal, pubblicato nel 1987, in cui lo studioso inglese sosteneva che le radici della civiltà classica derivassero proprio dalle culture afroasiatiche, occultate nel corso degli anni per ovvi motivi legati all’espansione coloniale e all’implicito razzismo che la motivava.
La stessa dominazione occidentale fu portata avanti seguendo il principio del divide et impera, ereditato dalla politica espansionistica romana.
Per imporre la propria presenza gli europei sfruttarono le divisioni settarie locali, frammentando ulteriormente l’autorità locale e riducendo ogni possibilità di ribellione da parte delle popolazioni indigene.
Tale sistema politico creò enormi scompensi all’interno delle strutture politico-sociali di molti paesi continentali e può essere considerato corresponsabile di molte delle sanguinarie lotte civili che ancora devastano l'Africa, in cui unico crimine diventa, appunto, appartenere all’etnia sbagliata.
Il professore J.F. Ade Ajayi dell’università di Ibadan, Nigeria, intervistato dalla BBC, evidenzia la necessità di un approccio quanto più critico al concetto di identità, sottolineandone le drammatiche ripercussioni che questo ha avuto sulla vita politica e sociale del continente: “I leader africani non sono riusciti a produrre benefici sociali e economici da ciò che ci si aspettava dall’indipendenza…
…Gli storici hanno cominciato a scrivere una storia più critica, che non celebra soltanto il conseguimento dell’indipendenza e del potere politico ma critica il modo in cui questo potere viene usato".
[Nell'immagine: Immagine tratta da "Negotiated Identities: Black Bodies" esposizione di artisti sudafricani sul ruolo dei neri nell'arte, Johannesburg Art Gallery nel 2004]
Una voce dall'altro lato dell'Oceano
Lo scrittore Afroamericano Marcus Garvey negli anni ’20, anticipando molti dei dibattiti contemporanei, scriveva: "Il concetto di dignità umana ritorna sempre più forte, nel momento in cui gli africani cercano di stabilire una loro presenza nel mondo e ottenere il rispetto degli altri […] Questo è possibile in diversi modi – lo studio e l’esecuzione della musica, della danza e della scultura tradizionale, la scrittura della storia africana, la ricerca di un nuovo idioma africano all’interno dell’espressione artistica contemporanea, il riformare i valori e lo standard educativo occidentale".
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