Intellettuale, fine stratega, poeta e grande nuotatore, Mao Zedong guidò la Terra di Mezzo per più di 30 anni, influenzando il pensiero di molti comunisti di tutto il mondo. Eppure la figura di Mao rimane ancora tuttora controversa, in Cina così come nel resto del mondo. La sua visione politica, la sua capacità di resistere, superare e annientare gli avversari, la strada da lui tracciata per la nascita di uno stato moderno, per molti furono l'alternativa allo stalinismo e alle atrocità commesse dal dittatore sovietico, denunciate dal suo successore Kruscev.

La Rivoluzione Culturale del 1966 rappresentò, per le generazioni ribelli, la possibilità di abbattere le costrizioni e le ipocrisie della borghesia. Il comunismo di Mao, il Maoismo, ben diverso da quello realizzato nella industrializzata Unione Sovietica, ispirò una grossa fetta di politici, rivoluzionari, intellettuali in tutto il mondo. Ma la conta delle vittime, la fame patita dai cinesi negli anni del Grande Balzo in Avanti, le deriva violenta della Rivoluzione Culturale e la dura repressione dei oppositori, restituiscono un'immagine ben diversa del leader comunista.

La Cina del 1949, anno in cui Mao proclamò la nascita della Repubblica Popolare, era un paese minacciato da più di un secolo dall'ingerenza straniera, arretrato, la cui economia era ancora a prevalenza agricola, dove la rivoluzione industriale non era stata capace di permeare, nel bene e nel male, le tradizionali strutture economiche e sociali. Mao fu capace di costruire una nazione indipendente e moderna, ma a costo di una delle più spietate dittature della storia.

La carriera politica di Mao iniziò molto presto, in una Cina ancora governata dalla dinastia imperiale. Nel 1911, infatti, il giovane rivoluzionario, all'epoca diciassettenne, si unì alla rivolta anti-imperiale, che in poco più di unno avrebbe portato alla fine della dinastia Qing. Ma dopo la breve esperienza politica, Mao decise di continuare gli studi e recarsi nella capitale dove divenne aiuto-bibliotecario.

Nella formazione di Mao, come degli altri leader rivoluzionari, giocò un ruolo importante la cultura occidentale. Le letture di Rousseau e Montesquieu, Adam Smith, Darwin, Spencer, offrirono agli intellettuali progressisti di inizio secolo una visione ben diversa della realtà, della storia e delle dinamiche sociali e economiche. Per la prima volta oggetto di discussione erano l'individuo e la sua realizzazione personale, svincolato dalle rigide strutture gerarchiche tradizionali della società cinese, dove la ribellione all'autorità non era in alcun modo contemplate. In questo senso, la vera "rivoluzione" fu la conoscenza della dottrina marxista, al quale Mao si avvicinò a partire dal 1918 grazie a Li Dazhao, capo della biblioteca dove il giovane lavorava.

La nascita della repubblica cinese coincise con un ulteriore indebolimento della nazione. Dopo la morte di Yuan Shikai la Cina, infatti, si trovò inglobata nella famelica espansione nipponica. Così a partire dal 1919, con la fine della Prima Guerra Mondiale, nacquero i primi veri movimenti rivoluzionari a cui presero parte intellettuali e masse popolari. Il Movimento del 4 maggio, in particolare, sancì la fine del confucianesimo tradizionale, rinvigorendo le speranze di chi voleva trasformare la Cina in una nazione moderna. Intanto, la Rivoluzione d'Ottobre in Russia aveva indicato una nuova alternativa politica e ideologica, con il suo accento di internazionalismo in una possibile rivoluzione socialista.

Infiltrati all'interno del Partito Nazionalista Cinese (Kuomintang, KTM) di Sun Yat, i membri infiltrati del Komitern sovietico (la parola tedesca è contrazione dei Kommunistische Internationale, cioè la Terza Internazionale Comunista, il comitato che coordinava i partiti comunisti di tutto il mondo) appoggiarono la nascita di un Partito Comunista Cinese (PCC), che avvenne a Pechino nel 1921. Nei suoi primi anni di vita, il PCC si vide costretto a collaborare con il KTM per riunificare la Cina e annientare il potere dei signori della guerra, supportati dai ricchi latifondisti. Inizialmente riluttante alla collaborazione con il KTM, Mao riuscì ad approfittare della situazione. In un clima politico incerto, in un paese ancora pressato dall'ingerenza straniera, il giovane rivoluzionario vide proprio nei contadini la forza eversiva che avrebbe potuto portare la Cina sulla via del comunismo.

Dall'esperienza di quegli anni, infatti, Mao trasse ispirazione per la formulazione di una nuova visione della rivoluzione socialista. A differenza di quanto era accaduto in Russia, in Cina la rivoluzione industriale non aveva permeato a fondo la struttura economia. Il paese era ancora legato all'agricoltura, in cui i ricchi proprietari terrieri, sfruttavano il lavoro dei braccianti. In questa particolare situazione, Mao vide proprio nelle agitazioni contadine la fonte da cui attingere per la rivoluzione. I contadini cinesi non erano come gli operai di Marx, motivati da precise scelte ideologiche, ma la loro ribellione era molto più vicina alle imprese epiche dei banditi-eroi delle insurrezioni popolari della storia cinese. La capacità di Mao fu proprio quella di saper indirizzare la disperazione dei poveri agricoltori in rivoluzione, tanto che nel 1928 il VI congresso comunista appoggiò la nascita in Cina di veri e propri Soviet rurali.

Dopo la morte di Sun Yat, la guida del KTM fu affidata al suo braccio destro, Chiang Kai-shek, le cui posizioni politiche andarono radicalizzandosi nel partito sempre più verso destra, tanto da rompere l'alleanza tra Partito Nazionalista e PCC. A partire dal 1925, il Kuomintang divenne l'unico partito a capo della Cina unificata. Dalla nuova capitale Nanchino, il governo lanciò una dura repressione contro i militanti comunisti e, in quel periodo, lo stesso Mao rischiò la vita più di una volta. Mao organizzò la resistenza agli attacchi dell'esercito di Chiang Kai-shek, cercando di coinvolgere anche le popolazioni rurali. Intanto, a partire dal 1934, i militanti comunisti ripiegarono dalla regione centro orientale dello Jiangxi verso occidente dove, nello Hunan, raggiunsero altri gruppi di insorti.

Ebbe inizio quella che fu chiamata la Lunga Marcia che si concluse con la consacrazione di Mao a capo del partito. In quell'occasione, anche la strategia rivoluzionaria cambiò segno. Dalla guerriglia urbana, i comunisti crearono un vero e proprio esercito, la cosiddetta Armata Rossa. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, però, PCC e KTM dovettero coalizzarsi nuovamente per arginare l'ennesima avanzata nipponica. La paura dell'invasione giapponese fornì a Mao un'importante occasione per motivare le masse all'insurrezione. La vittoria della Cina sul nemico giapponese, reso possibile grazie all'intervento statunitense e sovietico, aprì una nuova fase nella storia cinese.

Da un lato il KTM ormai aveva perso prestigio, minacciato dalla dilagante corruzione interna, dall'altro il PCC aveva guadagnato sempre consenso, facendosi portavoce delle aspirazioni delle classi più deboli. Ancora una volta Mao seppe approfittare della situazione. Fu proprio la sua proposta di creare una sorta di coalizione nazionale, in cui classe operaia, contadini, piccola borghesia urbana e borghesia nazionale, si univano sotto la direzione del PCC per sconfiggere i Nazionalisti guidati da Chiang Kai-shek e portare la rivoluzione socialista in Cina a rivelarsi vincente. La guerra civile tra KTM e PCC, in realtà, fu poco più che l'ascesa inarrestabile dei comunisti, i quali da Nord Est, dove avevano riparato nel secondo dopoguerra, entrarono vittoriosi a Pechino. Il primo ottobre 1949, nella piazza Tienanmen, dichiararono la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Mao, ormai leader indiscusso del partito, divenne il presidente del governo centrale.

La Cina di Mao si avviò verso la modernità, forte di un primo sostegno economico e militare da parte sovietica. Ma il desiderio di riforme drastiche spinse il Grande Timoniere, come ormai Mao veniva chiamato, ad attuare una serie di riforme, economiche e sociali, che avrebbero portato la Cina a competere con le atre nazioni industrializzate. Il primo passo da compiere, infatti, era statalizzare l'economia, per poi sostenere uno sviluppo rapido sia dell'agricoltura che dell'industria. I tentativi di costruire una società comunista, la volontà di riscattare la Cina dalla sua arretratezza e dalla continua subordinazione alle nazioni straniere, portò Mao a spingere sull'acceleratore delle riforme, che non sempre ottennero il successo desiderato, anzi in molti casi si rivelarono delle vere e proprie tragedie per tutto il popolo cinese.

Il primo tentativo di modernizzare la Cina prese il nome di Grande Balzo in Avanti, un piano quinquennale di riforme partito nel 1958. In quegli anni, alle cooperative di lavoratori si sostituirono le Comuni popolari, veri e propri distretti urbani, dove a fianco dei campi agricoli, sorsero le prime industrie. La creazione delle Comuni riguardò milioni di cinesi. Già verso la fine del 1958, infatti, furono create 25.000 Comuni, ognuna delle quali contava circa 5.000 famiglie. Venne bandita la proprietà privata, abolito il salario e sostituito con dei punti lavoro. L'ambizione di Mao era quella di fare della Cina un paese moderno, la cui industria pesante avrebbe potuto competere con quella europea.

Pertanto da Pechino arrivò l'ordine per decine di milioni di contadini di abbandonare i campi. I contadini vennero trasformati in manodopera per la nascente industria siderurgica. Ben presto, però, il Grande Balzo in Avanti si rivelò un disastro. Sebbene la Cina potesse disporre di una manodopera a bassissimo costo, mancava di un adeguato stuolo di tecnici e esperti. Complice del fallimento furono le gravi carestie che colpirono la Cina tra il 1959 e il 1960. Nel 1959, il Fiume Giallo ruppe gli argini, causando la morte di circa 2 milioni di persone. La siccità e la scarsità del raccolto gettarono la Cina in ginocchio. Le stime sul numero di vittime causate dalle carestie è del tutto impreciso, e oscilla tra i 14 milioni e 43 milioni (come spesso succede, la conta dei morti dipende da chi pubblica le relative stime, pertanto per il governo cinese le vittime si aggiravano attorno ai 14/20 milioni).

Da un punto di vista economico, il fallito tentativo di modernizzare il paese, favorendo l'abbandono della produzione agricola, bloccò lo sviluppo della Cina. Infatti, se nel 1958 la produzione di acciaio era aumentata del 45% e del 30% nei successivi due anni, nel 1961 l'industria pesante crollò a picco, tanto da non raggiungere nemmeno il livello produttivo del 1957. Lo stesso Mao, infatti, si vide costretto a fermare il programma di riforme in anticipo.

Il Grande Balzo in Avanti, quello che doveva rappresentare la rivoluzione industriale cinese, si tramutò in un fallimento totale che mise a repentaglio la stessa leadership di Mao. Tra i maggiori oppositori di Mao, Deng Xiaoping e Liu Shaoqi, le cui posizioni erano molto più moderate, guadagnarono sempre più consensi all'interno del Partito Comunista. Ma ancora una volta, Mao seppe sfruttare la difficile situazione politica e riportarsi alla guida indiscussa del paese.

Per arginare la crescente opposizione interna, Mao lanciò un nuovo programma di riforme che avrebbe epurato dal Partito e da tutto il paese tutti quegli elementi borghesi, e quindi corruttori del socialismo reale che Mao voleva realizzare in Cina, così come aveva teorizzato nel libro "Sulle contraddizioni in seno al popolo". La strada per diffondere la dottrina comunista nel vastissimo territorio cinese prese il nome di Rivoluzione Culturale. A partire dall'estate del 1966, Mao coinvolse nella programma centinaia di miglia di giovani, per lo più studenti universitari, appartenenti alla "terza generazione", cioè ragazzi e ragazze nati dopo il 1949, anno della Rivoluzione, i quali dovevano essere educati dagli eroi della "prima generazione" (cioè quella di Mao).

Già nel maggio del 1964, grazie al lavoro di Lin Piao, dirigente comunista, era stato pubblicato il famoso Libretto Rosso, breve raccolta di scritti di Mao, destinato soprattutto all'esercito e ai giovani. La propaganda comunista doveva passare anche attraverso il culto della personalità. Così da Pechino arrivò l'ordine di esporre in tutti i luoghi pubblici ritratti e busti del Grande Timoniere. A partire dal 16 giugno al 5 agosto 1966, gli studenti, forti degli insegnamenti contenuti nel Libretto Rosso, attaccarono il revisionismo che si era insinuato all'interno del PCC, nonché le autorità accademiche critiche dell'operato del regime. Cominciarono a tenersi comizi e adunanze di massa in cui Mao veniva osannato come un idolo pop.

Così, mentre il Partito sembrava volersi sbarazzare del Grande Timoniere, i giovani della Rivoluzione eressero un vero e proprio muro a difesa della sua leadership, e Mao, il 16 giugno del '66, all'età di 73 anni, dimostrò al mondo intero la sua forza, non solo politica, con la famosa nuotata nel fiume Yanzi. Negli anni successivi, la Rivoluzione Culturale andò espandendosi sempre più, tanto che i giovani di Mao si organizzarono dando vita alle cosiddette Guardie Rosse, il cui nome aveva origine nella scuola media connessa al politecnico di Pechino. Gli unici giovani ammessi a partecipare alla Rivoluzione Culturale dovevano provenire da "5 tipi di rosso", cioè essere figli degli operai, dei contadini poveri, dei quadri di partito, dei martiri e dei soldati della rivoluzione del 1949.

Man mano che il movimento cresceva, però, la Cina era sempre più sull'orlo della guerra civile. In poco tempo gli studenti avevano distrutto moltissime opere. Nel giugno 1967, infatti, le Guardie Rosse occuparono il ministero degli esteri e l'ambasciata russa, mentre bruciarono quella indonesiana e quella britannica. Pochi mesi dopo il paese precipitò nel baratro. Gli studenti, a cui lo stato aveva pagato viaggi e mezzi di sussistenza per portare la dottrina di Mao in tutta la Cina, si scontrarono contro alcune fazioni dell'esercito, contrarie alla Rivoluzione Culturale. Mao ordinò il ritorno alle aule, vietando agli studenti di viaggiare per il paese. Il nuovo motto degli studenti di Mao divenne "Usate la razione, non la violenza", con quale occuparono pacificamente le università.

Sebbene l'ordine di fermare le violenze provenisse proprio da Mao e le Guardie Rosse fossero state sciolte, gli scontri più cruenti durarono fino al 1969. Ma gli strascichi della Rivoluzione Culturale rimasero fino alla morte dello stesso Grande Timoniere, il 9 settembre 1976. Ormai malato di Parkinson, la figura di Mao era divenuta del tutto simbolica, e a Pechino attendevano la sua morte. Uno degli ultimi impegni del leader cinese fu l'incontro con il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon. Lo storico summit fu fondamentale per creare quel clima politico che avrebbe portato alla distensione degli anni '70 nei rapporti tra est-ovest, e al tempo stesso, avrebbe segnato l'inizio dell'apertura cinese nei confronti del mondo occidentale.

Nei gli anni della Rivoluzione Culturale, Lin Piao, braccio destro di Mao, era stato designato a succedergli nella guida della Cina, ma nel 1971 venne accusato di aver ordito un colpo di stato e morì in un misterioso incidente aereo mentre, secondo quanto riferito dalle autorità cinesi, cercava di lasciare il paese. Così, dopo la scomparsa di Mao, fu nominato a capo del Partito Comunista Hua Guofeng, ex ministro della Pubblica Sicurezza, vicino alla linea politica del Grande Timoniere. Al tempo stesso, però, Hua diede inizio al "processo" alla Rivoluzione Culturale, una sorta di revisione in chiave critica dell'operato precedente direttivo comunista, in cui la figura di Mao doveva rimanere indenne.

La posizione ufficiale del partito, infatti, considerava Mao un grande leader rivoluzionario che, come anche Deng Xiaoping, il suo maggiore avversario politico, sottolineò a aveva "ragione al 70% e torto al 30%". Sebbene la posizione di Mao ne uscì del tutto indenne, per l'esito negativo della Rivoluzione Culturale furono accusati sua moglie Jiang Qing, e 3 suoi stretti collaboratori, Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan e Wang Hongwen, appartenenti alla cosiddetta Banda dei Quattro. Hua, infatti, subito dopo la morte di Mao, fece arrestare i membri della Banda dei Quattro e un certo numero di figure minori a loro vicine, colpevoli di ordire un colpo di stato. Come dimostrato in seguito, il coinvolgimento dei quattro nella vita politica cinese degli ultimi anni era stata del tutto marginale, pertanto la repressione contro i responsabili del fallimento della Rivoluzione Culturale era più simbolica che risolutiva.