Nel 2006 fu trovata morta nell'ascensore del suo appartamento, alla periferia di Mosca. Anna Politkovskaja aveva 48 anni. Secondo le ricostruzioni della polizia, il 7 ottobre del 2006, la Politkovskaja era tornata nella sua abitazione dopo essersi recata al supermercato del quartiere. Abitava al settimo piano, dopo esser salita a posare i primi pacchi della spesa era scesa per prenderne degli altri.

Al pian terreno, il killer l'aspettava, proprio di fronte all'ascensore. Appena si aprirono le porte, l'uomo esplose contro di lei quattro colpi di pistola, e più uno di "sicurezza" alla nuca. La Politkovskaja era una giornalista scomoda che dal 1999 lavorava sul quotidiano indipendente Novaya Gazeta. Con più di 200 articoli aveva denunciato gli abusi dell'esercito russo in Cecenia, e accusato il presidente della repubblica ribelle, Ramzan Kadyrov, di consentire quello che in più occasioni aveva definito un vero e proprio genocidio.

A due anni di distanza, il terribile omicidio è ancora avvolto nel mistero. La fase istruttoria, infatti, ormai si è chiusa, e del reale esecutore e dei mandanti neanche l'ombra. Qualche giorno fa, l'investigatore della Procura moscovita, Petros Garibyan, ha rilasciato una lunga intervista proprio alla Novaya Gazeta, annunciando l'avvio del processo. In base alle registrazione delle telecamere a circuito chiuso del supermercato, sono stati incriminati tre uomini, Sergei Khadzhikurbanov, ex ufficiale anticrimine della Polizia Municipale di Mosca e due fratelli di origini cecena, Ibragim e Jabrail Makhmudov.

Più un ex ufficiale del FSB (i moderni servizi segreti russi) Pavel Ryaguzov, non incriminato dell'omicidio, ma legato ai tre, nonché accusato di abuso d'ufficio ed estorsione. Essendo uomo dell'esercito, Ryaguzov sarà interrogato da un tribunale militare e non civile, aumentando i timori che il processo si terrà a porte chiuse.

Il 2 ottobre, infatti, in una conferenza stampa, Ilya Politkovskiy, il figlio della giornalista, Jean-François Julliard, segretario generale di Reporters sans frontières, e il capo redattore di ingushetiya.ru, Roza Malsagova (uno dei maggiori siti d'informazione nella repubblica federale dell'Inguscezia, al confine con la Cecenia) hanno espresso la preoccupazione di un processo a porte chiuse.

La Russia ormai da anni è tristemente famosa per le esecuzioni di giornalisti scomodi. La Politkovskaja e "solo" la sedicesima vittima dal 2000, anno dell'ascesa al potere di Vladimir Putin. E a quanto pare, l'elezione di Dimitri Medvedev non ha comportato nessun miglioramento. Lo scorso 31 agosto, il proprietario del sito ingushetiya.ru, Magomed Yevloyev, fu trovato morto qualche ora dopo essere stato arrestato dalle autorità russe. Per la polizia si trattò di una "morte per imprudenza": Magomed aveva opposto resistenza.

Ma come ha sottolineato Roza Malsagova "Magomed era il proprietario dell'unico sito di informazioni che parlava dei rapimenti e delle uccisioni di giovani, organizzati dai servizi speciali e dalla polizia inguscia". Del resto, la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ, acronimo per Interational Federatio of Journalists) ha ricordato che dal crollo dell'Unione Sovietica, nel 1992, ad oggi sono stati uccisi 211 giornalisti e, come sottolinea Jim Boumelha presidente dell'IFJ, "in molti casi i mandanti non sono mai stati portati davanti ad una corte russa".

In tutto il mondo oggi si terranno le manifestazioni che ricordano la morte della coraggiosa giornalista (stasera a Milano, alle 20:30 in piazza della Scala l'associazione AnnaViva ha organizzato un fiaccolata, e Rai 3 alle 23:30 trasmetterà il documentario 211: Anna di Paolo Serbandini e Giovanna Massimetti). Ma sembra che l'omicidio della Politkovskaja indigni molto più l'occidente che il suo paese d'origine.