Di Nicola Pedde, direttore dell'Institute for Global Studies

Si è conclusa in modo scontato la fase di spoglio del voto successiva alla recenti elezioni in Afghanistan, con la scontata vittoria di Ahmid Kharzai, e l'esplosione di una polemica relativa a brogli senza precedenti in un paese con così poca tradizione elettorale.

Secondo i dati diffusi dalla commissione elettorale indipendente, Ahmid Kharzai avrebbe conquistato circa il 54,3% dei voti in oltre il 90% delle provincie afgane, ma in oltre 400 seggi sarebbero al tempo stesso risultate gravi irregolarità e palesi brogli, imponendo il riconteggio dei voti.

Ciononostante, il dato comunicato dalla commissione conferma la vittoria del presidente uscente, evitando il ballottaggio con Abdullah Abdullah, suo principale sfidante. È opportuno formulare tuttavia alcune considerazioni complessive, a latere del dato elettorale, circa lo svolgimento di queste importante elezioni.

In primo luogo è importante sottolineare il successo dell'azione militare che ha permesso lo svolgimento delle stesse e, di fatto, vanificato le minacce formulate a più riprese dai Talebani. La più volte annunciata strage di coloro che si fossero recati alle urne non c'è stata e, sebbene incidenti ed attentati abbiano accompagnato l'intero iter delle elezioni, la portata di questi è stata decisamente contenuta.

Il numero degli elettori che si è recato alle urne è stato indubbiamente meno elevato di quanto auspicassero i candidati e la comunità internazionale, con una media compresa tra il 40 ed il 50% degli aventi diritto. I sondaggi, tuttavia, hanno dimostrato come una considerevole parte di coloro i quali non ha espresso il proprio voto, ha operato tale scelta non già in funzione del timore di attentati o ritorsioni, quanto per disaffezione dalla politica e scarsa fiducia nei candidati.

Questo dato, unitamente all'esito delle operazioni di sicurezza in tutto il paese, ha confermato la riuscita dell'impegno militare della NATO in Afghanistan a sostegno del processo elettorale, così come una minore effettiva capacità di condizionamento dei Talebani sulla società afgana.

A fronte di un evidente – quanto temporaneo – successo, devono tuttavia essere ricordati i molti ancora irrisolti problemi del paese e le possibilità di una definitiva soluzione della crisi. Il contraltare del successo elettorale determinato dall'impegno delle forze NATO nel paese è rappresentato dalla scarsa credibilità di Ahmid Kharzai, e dalla perdurante assenza di fondi per la ricostruzione dell'Afghanistan e la normalizzazione delle sue attività economiche e sociali.

Il presidente Kharzai non è riuscito nel corso del suo primo mandato a conseguire alcun concreto successo per la stabilizzazione e la pacificazione del paese, vanificando l'euforia della fase iniziale post-talebana e consolidando al contrario nel corso del tempo il tradizionale sistema di interessi tribali che da sempre ha caratterizzato – ma anche umiliato e distrutto – il sistema politico afgano.

La crescente corruzione e l'ambizione smodata di un gran numero di esponenti del sistema politico afgano ha favorito un diffuso malcontento ed una strisciante delusione ad ogni livello della società. Permettendo di fatto la riorganizzazione di molte cellule talebane e la loro costante crescita grazie ad una maggiore capacità di attrazione sia sotto il profilo della motivazione che del reddito.

Al tempo stesso, la comunità internazionale non ha saputo – ma anche potuto – investire nel paese risorse economiche da accompagnare a quelle militari per la ricostruzione del paese e la sua normalizzazione soprattutto sotto il profilo economico. Lasciando in tal modo nella mani della criminalità organizzata, dei produttori dell'oppio e dei Talebani le principali leve di attrazione della forza lavoro e più in generale della società afgana.

Le foto qui in basso sono state scattate nell'agosto del 2009, al seguito del contingente italiano in Afghanistan (clicca su ogni foto per ingrandirla):