All'epoca del golpe di contro Salvador Allende, Michelle Bachelet era poco più che ventenne. Suo padre Alberto, responsabile per la distribuzione delle derrate alimentari del governo, venne accusato di tradimento e rinchiuso nella prigione pubblica di Santiago dove morì il 12 marzo 1974 a causa delle torture subite. Pochi mesi dopo, nel gennaio del 1975, Michelle e sua madre furono sequestrate da due uomini della DINA (la polizia segreta del generale Pinochet), bendate e portate a Villa Grimaldi, centro di detenzione per gli oppositori politici, dove furono separate, interrogate e anche loro torturate.

Alcuni giorni dopo vennero spostate nel campo di Cuatro Álamos, e lì rimasero per un altro anno. Solo grazie all'intercessione di alcuni militari, Michelle e sua madre riuscirono a lasciare il Cile per andare in esilio in Australia (dove viveva il fratello maggiore). Un anno dopo, la Repubblica Democratica Tedesca le offrì una casa a Potsdam e la possibilità di seguire i corsi di medicina alla Humboldt University di Berlino. Michelle riuscì a tornare in patria solo nel 1979.

Una volta in Cile, fece richiesta per lavorare come medico pubblico (il suo intento era aiutare le famiglie più bisognose), ma il regime, che non vedeva di buon occhio la figlia di un ex sostenitore di Allende, lo impedì. Grazie alle pubblicazioni che aveva fatto in Germania, però, le fu assegnata una borsa di studio per specializzarsi in pediatria e sanità pubblica all'Ospedale dei bambini Roberto del Río. In quegli anni, quando il potere era ancora saldo nelle mani di Pinochet, Michelle Bachelet cominciò a collaborare con le organizzazioni no profit che aiutavano i figli dei dissidenti politici torturati o fatti sparire.

Dopo la fine della dittatura, la Bachelet divenne consulente per il Ministero della salute, per l'Organizzazione della Sanità PanAmericana e per l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Nella fase di passaggio verso la democrazia, cominciò ad interessarsi alle questioni militari. Secondo lei, il modo migliore per evitare un nuovo golpe era modernizzare e "democratizzare" proprio quelle istituzioni che, in passato, avevano sovvertito il voto popolare. Così, nel 1996 ottenne una borsa di studio per specializzarsi in strategia militare presso l'Inter-American Defense College di Washington. Due anni dopo tornò in Cile dove cominciò a lavorare come consulente per il Ministero della difesa.

Nonostante il suo impegno politico fosse iniziato da giovanissima, tra le fila dei giovani socialisti che sostenevano Allende, quasi nessuno in Cile conosceva il suo nome e quando, nel 2000, il presidente Ricardo Lagos la nominò Ministro della salute fu una sorpresa. Come membro dell'esecutivo, il su compito principale era eliminare, entro i primi 100 giorni, le liste d'attesa negli ospedali pubblici. Riuscì a ridurle solo del 90% e per questo presentò le dimissioni, che furono rifiutate da Lagos. Del suo mandato, però, l'iniziativa più controversa e "coraggiosa" fu la distribuzione gratuita della pillola del giorno dopo per le vittime di abusi sessuali.

Nel rimpasto di governo del 2002, la Bachelet venne nominata Ministro della difesa, ruolo ricoperto per la prima volta nella storia del continente sudamericano da una donna. Di fatto, per un paese che aveva visto 17 anni di dittatura militare, fu una vera e propria rivoluzione. Come Ministro della difesa Michelle Bachelet cercò di percorrere la strada della riconciliazione tra le gerarchie militari e le vittime del regime. I suoi sforzi culminarono con la dichiarazione, nel 2003, del Generale Juan Emilio Cheyre, capo delle forze armate, il quale affermò che l'esercito non avrebbe mai più sovvertito la democrazia.

Una volta terminato il mandato del presidente Lagos (secondo la costituzione cilena non è possibile presentarsi due volte di seguito), Michelle Bachelet vinse le primarie della Concertación (coalizione dei partiti di centro e di sinistra) e divenne la candidata alle presidenziali del 2006, vinte al secondo turno contro il candidato della coalizione di destra, Rinnovamento Nazionale, Sebastián Piñera. La vittoria della Bachelet fu accolta in tutto il mondo come un evento epocale.

Michelle Bachelet era la prima donna a capo di un paese latino (fatta eccezione per Isabel Perón succeduta nel 1974 alla presidenza Argentina dopo la morte del marito Juan). Inoltre, era una donna separata, con due figlie avute da due compagni diversi, in un paese che aveva legalizzato il divorzio solo due anni prima. Soprattutto a differenza dei suoi predecessori che negli anni '70 avevano militato nella Democrazia Cristiana, Michelle Bachelet aveva un passato di attivista nel partito socialista ed era stata una sostenitrice di Allende. Come lei stessa disse in occasione dell'incontro con le gerarchie cattoliche cilene: "Ho tutti i peccati. Sono una donna, una socialista, separata e agnostica... Ma lavoreremo molto bene insieme".

Dopo 4 anni di mandato, le politiche sociali di Michelle Bachelet ebbero degli effetti positivi sulla società cilena, soprattutto grazie all'incremento della spesa pubblica a favore delle classi più povere, come il finanziamento di asili nido e di social housing, interventi che riuscirono ad eliminare molte delle baraccopoli ancora presenti nel paese. Anche dal punto di vista economico, le scelte dell'esecutivo si rivelarono vincenti: il PIL crebbe del 5% e il tasso di disoccupazione si ridusse in maniera significativa, anche se l'aumento del tasso di cambio rispetto al dollaro americano provocò una discesa nelle esportazioni.

Michelle Bachelet chiuse il suo mandato con il sostegno dell'84% dei cittadini, sebbene se la sua popolarità non sempre fu alta. Nell'aprile 2006, una massiccia manifestazione degli studenti che chiedevano un innalzamento della qualità scolastica la costrinse a un rimpasto di governo che avvenne 4 mesi dopo l'insediamento (un record nella storia del paese). Nemmeno un anno dopo, arrivò il fiasco nel riorganizzare la Transantiago, il sistema di trasporti pubblici della capitale, che fece nuovamente crollare le preferenze nei confronti dell'esecutivo (nel settembre del 2007 arrivarono ad un minimo di 35%).

Il mandato della Bachelet si concluse con il violentissimo terremoto (8.8 della scala Richter) che devastò l'area di Concepción (la seconda città del paese), in cui morirono 451 persone e un milione e cinquecentomila persero la casa. In un primo momento la Bachelet rifiutò gli aiuti umanitari dai paesi stranieri, ma col crescere dell'emergenza si vide costretta ad accettare. Il terremoto portò con sé una serie di disordini e di episodi di sciacallaggio per cui furono inviati 14.000 militari nella città di Concepción. L'ordine fu ristabilito solo nell'arco di una settimana. Nonostante le critiche che piovvero su di lei e sull'esecutivo per la lentezza dei soccorsi, la Bachelet riuscì a terminare il mandato con un incredibile consenso ed essere considerata il presidente più amato di sempre.

Il 10 dicembre 2006, a distanza di quasi un anno dal suo insediamento, morì Augusto Pinochet. Alla notizia, le strade di Santiago si popolarono di manifestanti: chi festeggiava e chi piangeva la fine dell'uomo che aveva salvato il Cile dal comunismo. La Bachelet negò i funerali di stato, ma si vide costretta a concedere quelli militari. Nonostante fossero passati più di 10 anni dalla fine della dittatura l'eredità di Augusto Pinochet restava ingombrante.

Nei giorni dopo la morte, la presidentessa esortò i cileni a superare le divisioni e a rincontrarsi, sebbene "con la historia que Chile tiene, los dolores y los sentimientos persisten por mucho tiempo" (con la storia che ha il Cile, il dolore e le emozioni persistono a lungo). Per la presidentessa Pinochet era "un referente de divisiones, odio y violencia" (un riferimento di divisioni, odio e violenza) e lo sforzo da compiere per tutto il paese era proprio superare queste divisioni: "hemos logrado reencontrarnos, ha sido nuestro más preciado bien y debemos defenderlo" (siamo riusciti a rincontrarci, è stato il nostro bene più prezioso e dobbiamo difenderlo).

Nel 2008, la rivista Time assegnò al Michele Bachelet il 15° posto tra i leader più influenti al mondo. A tessere le sue lodi, un'altra donna impegnata in politica: Hillary Clinton, all'epoca in corsa alle primarie per la candidatura democratica alla Casa Bianca: "In every country, on every continent — in places where women are soaring to new heights, and in places where too many women remain second-class citizens — women and men can draw inspiration from leaders like Bachelet, leaders with grace and courage, leaders who never give up and never give in. Count me among the inspired."

[In ogni paese, in ogni continente - sia nei posti dove le donne raggiungono i traguardi più alti che nei posti in cui troppe donne rimangono cittadine di seconda classe - le donne e gli uomini possono trarre ispirazione da leader come la Bachelet, leader dai modi gentili e coraggiosi, che non si arrendono e non si danno mai per vinti. Anch'io sono tra quelli ispirati".]

Una volta terminato il manato, Michelle Bachelet decise di portare a livello internazionale la sua esperienza, di donna e di leader politico. Da settembre 2010, infatti, è a capo dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti delle donne. Del resto, sin dall'inizio, il suo impegno a favore dell'uguaglianza di genere era stato al centro dell'agenda politica, a cominciare da suo esecutivo composto dal 50% di donne e 50% di uomini. Paula Escobar Chavarría, una delle più importanti giornaliste cilene la definì la anti-Thatcher "che non ha adottato i codici maschili del potere dominante, ma li ha trasformati [... ] In questo piccolo paese in fondo alle mappe geografiche, nessuno più si meraviglia se le ragazzine ora vogliono diventare presidentesse".