L'abilità di Mao fu quella di intuire quanto la Cina rurale e contadina fosse diversa dall'Unione Sovietica, e quindi adattare la dottrina comunista alle diverse esigenze del suo paese. A differenza di quanto era accaduto in Russia, infatti, la rivoluzione industriale non aveva permeato a fondo la struttura economia cinese, ancora legata alla produzione agricola, ottenuta grazie allo sfruttamento dei braccianti, in un sistema latifondista e poco più che feudale. In questa particolare situazione, Mao vide proprio nelle agitazioni contadine la fonte da cui attingere per la rivoluzione. Sebbene i contadini cinesi non fossero gli operai di Marx, motivati da precise scelte ideologiche, la loro ribellione avrebbe comunque portato alla nascita di una nuova nazione. Ma una volta giunto al potere, il popolo doveva essere difeso da quelle forze interne, come l'imborghesimento, che avrebbero potuto far restaurare il capitalismo. In quest'ottica, Mao decise di lanciare nel 1966 la Rivoluzione Culturale, i cui effetti, però, furono a dir poco disastrosi. Nonostante tutto, le scelte politiche di Mao influirono generazioni di intellettuali e comunisti in tutto il mondo.