Il governo Singh è stato segnato da una serie di terribili attentati da parte dei terroristi musulmani. L'11 luglio del 2006, una serie di attacchi dinamitardi al sistema tranviario di Mumbai, la capitale economica e finanziaria, uccisero 200 persone e ne ferirono 7000.

Dal 26 al 29 novembre 2008, di nuovo Mumbai fu presa sotto assedio da un gruppo di terroristi che, dopo 10 attacchi terroristici in vari punti della metropoli, assaltarono il centro ebraico e due lussuosi alberghi, per lo più frequentati da occidentali.

L'attacco iniziò alle 22:30 locali con l'assalto alla stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji Terminus. In poco tempo, i terroristi, presero il controllo anche degli altri obiettivi, tra cui hotel di lusso, Taj Mahal Palace, il Tower e l'Oberoi e il Centro Ebraico nel complesso della Nariman House, dove i terroristi tennero in ostaggio almeno una decina di israeliani e i gestori del Centro, un rabbino americano e la moglie.

Nonostante il blitz delle prime ore del 28 novembre, la polizia indiana trovò i corpi senza vita del rabbino e altri 4 israeliani. Nello stesso giorno furono liberati i 93 ostaggi al Trident e nel pomeriggio anche l'hotel Oberoi. Il 29 novembre, mattina, a circa 60 ore dall'inizio degli attentati, il si concluse il blitz al Taj e gli ultimi tre terroristi asserragliati furono uccisi.

Negli attacchi persero la vita 195 persone, tra cui un italiano, nove israeliani, tutti morti nel centro Ebraico, e 300 riportarono delle ferite. Ma la maggior parte delle vittime erano indiane, moltissimi civili e 14 appartenenti alle forse armate e 3 addetti alle ferrovie.

L'operazione fu rivendicata da un gruppo islamista poco conosciuto, i Mujahideen del Deccan, tramite un messaggio di posta elettronica spedito a varie agenzie giornalistiche. Il gruppo dei terroristi era composto di 15 persone, di cui uno soltanto fu stato preso vivo.

L'attentato, come era prevedibile, incrinò di nuovo i rapporti tra India e Pakistan, da dove, media e investigatori sostenevano provenissero i terroristi.

A riprova di tale tesi fu il ritrovamento di un di un telefono cellulare di proprietà  di uno degli attentatori rimasto ucciso. Secondo gli inquirenti, infatti, da quel cellulare fu fatta una telefonata verso Karachi poco prima dell'inizio degli attentati. Ciò che però rimane ancora oggi sconosciuto è l'effettivo coinvolgimento del governo di Karachi.