Lo sforzo bellico russo durante il Primo Conflitto Mondiale aveva gettato l'economia russa sul lastrico. La sconfitta sul fronte austriaco, e la perdita dalla parte russa della Polonia spianarono la strada ad una nuova insurrezione popolare. La prima fase della rivoluzione, nel marzo 1917, fu portata avanti dai Menscevichi, la corrente più moderata del Partito Operaio Socialdemocratico Russo.

Ma sul finire del 1917, il governo tedesco appoggiò il rientro in patria di Vladimir Lenin, capo dei Bolscevichi, la corrente più estrema del Partito operaio, dal suo esilio in Svizzera.

Con l'arrivo di Lenin, i Bolscevichi occuparono Pietrogrado (l'ex San Pietroburgo) il 17 novembre 1917 (ottobre secondo il calendario Bizantino, da qui il nome di Rivoluzione d'ottobre). Scoppiò una vera e propria guerra civile, in cui i Bolscevichi sconfissero sia le forze zariste che i Menscevichi.

Dopo un anno, tutta la Russia finì sotto il controllo degli uomini di Lenin. Il 17 luglio 1918, lo zar Nicola II e tutta la famiglia Romanov furono giustiziati. La vittoria sulla famiglia reale e sui Menscevichi, segnò la nascita di una nuova entità  politica, l'Unione Sovietica, in cui si materializzava l'ideologia marxista.

Gli anni '20 furono caratterizzati da una notevole ripresa economica che toccò tutto il vasto territorio russo. Le riforme di Lenin favorirono la crescita economica. L'entusiasmo post-rivoluzionario contagiò l'arte, la letteratura e le scienza, grazie soprattutto ad una relativa libertà  di stampa e di opinione (soprattutto se paragonata agli anni di dittatura stalinista).