La Cina oggi
Il paese con la più alta crescita economica al mondo, che oscilla tra l'8 e il 9% annuo, è anche il paese con il maggior divario tra città e campagna. La Cina rurale, infatti, non beneficia affatto del benessere che ha invece travolto le grandi città come Nanchino, Pechino, Shanghai. Attualmente gli emigranti in Cina raggiungono i 130 milioni, di cui la stragrande maggioranza sono contadini diretti verso le capitali economiche, nella speranza di un miglioramento economico. Ma non sempre le aspettative di una vita migliore vengono realizzate.
Il nuovo millennio ha visto una crescita spaventosa dell'economia cinese, ormai aperta al libero mercato. Ma lo sviluppo economico non è coinciso con quello democratico. La Cina, infatti, rimane tutt'ora una dittatura, in cui l'unico partito politico è ancora il Partito Comunista. Molte sono le organizzazioni umanitarie che denunciano la violazione dei diritti umani. Da Pechino non trapelano notizie ufficiali circa il trattamento dei prigionieri, né le facili carcerazioni di giornalisti e dissidenti, ma molte sono le testimonianze e le voci che raccontano di un paese ancora oppresso da un regime totalitario.
Attivisti di tutto il mondo denunciano il governo cinese di applicare con estrema facilità la pena di morte, nonché la tortura. Particolarmente dure sono le pressioni contro le minoranze etniche e i dissidenti del regime come il movimento spirituale Falun Gong, accusato di praticale un culto "malefico". Ancora più difficile e drammatica la situazione in Tibet, dove sembra che il governo di Pechino sistematicamente invii l'esercito per reprimere e attaccare i monaci buddisti che sostengono il Dalai Lama, il leader spirituale che da anni, ormai esule in India, sostiene l'indipendenza del suo paese.
La dura repressione della rivolte dei monaci nel marzo 2008 è stata oggetto di pesanti critiche da parte di molti governi occidentali. La possibilità di un boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino, però, sembra sfumare sempre più, complice, forse, gli importanti accordi economici stipulati da molti paesi con Pechino. Altrettanto spinosa è la questione legata a Taiwan. L'isola ad est di Nanchino, dove il leader nazionalista Chiang Kai-shek si rifugiò dopo l'ascesa al potere di Mao Zedong, è considerata da Pechino territorio cinese, tanto da minacciare la repressione di ogni tentativo di indipendenza con l'invasione armata.
[Nell'immagine: Raffles City, il distretto finanziario di Pechino]
Dettagli:
L'inquinamento in Cina
Una delle conseguenze del boom economico cinese è l'aumento dell'inquinamento. La Cina, infatti, è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per livello di inquinamento, che non solo riguarda le grandi metropoli e le aree industrializzate del sud est, ma anche le zone più rurali. Secondo quanto riportato dalla televisione britannica BBC, più del 10% delle fattorie cinesi sono inquinate, rappresentando un vero pericolo per la produzione alimentare del paese. in soli 5 anni, dal 2000 al 2005, il consumo energetico è cresciuto del 75%.
Nel 2006, la Banca Mondiale, con la collaborazione con il governo cinese, ha pubblicato il libro Il Costo dell'inquinamento il Cina (Cost of Pollution in China). Ogni anno nella Terra di Mezzo muoiono circa 760,000 a causa dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua. L'innalzamento degli standard di vita ha spinto Pechino ad intervenire in paesi africani, ricchi di petrolio come il Sudan, per garantirsi la vendita del prezioso combustibile.
La Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio
Dalla fine del 2001 la Cina è entrata a far parte dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (acronimo WTO, dall'inglese World Trade Organization), aprendo ulteriormente i propri mercati e esponendosi alla concorrenza estera. Ma i rapporti con gli altri membri del WTO, a causa dell'annosa disputa sulla proprietà intellettuale e la contraffazione.
Inoltre, Pechino continua a imporre gli sgravi fiscali alle aziende cinesi introdotti negli anni '90, così da rendere più competitivi i prodotti delle aziende locali, rispetto a quelli esteri. Una forma di protezionismo che gli altri partner mondiali non sempre hanno accettato di buon grado, in particolare gli USA e l'Unione Europea che, in più di un'occasione, hanno presentato un documento di protesta formale agli organi di regolamentazione interna del WTO.
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