Dalla guerra civile all'elezione di Bouteflika
A seguito della crisi economica che segnò gli anni ottanta, cominciarono a guadagnar terreno i movimenti di opposizione islamica più radicali, in particolare il Fronte Islamico di Salvezza (FIS), vincitore nelle elezioni del 1992.
Un ennesimo colpo di stato guidato da Muhammad Boudiaf vanificò il risultato elettorale, con la conseguente messa al bando tutti i partiti di ispirazione religiosa e etnica, e in particolar modo il FIS, trascinando il paese nell’ennesima guerra civile che durò fino al 1999.
Nel 1999 fu firmato l'armistizio che pose fine alla sanguinosa guerra in cui morirono più di 160,000 persone. Il 27 aprile dello stesso anno fu eletto l'attuale presidente Abdelaziz Bouteflika. Nelle elezioni del 2004 Abdelaziz Bouteflika è stato riconfermato presidente dell'Algeria, secondo la costituzione algerina, introdotta nel 1976 e rivista nel 1988 e nel 1997, il potere esecutivo è fortemente concentrato nelle sue mani.
Riconciliazione nazionale e stabilità politica sono il cavallo di battaglia di Bouteflika. Nei primi anni del suo governo, infatti, sono stati liberati migliaia di militanti mussulmani, per lo più appartenenti al FIS, con l’impegno di non intraprendere azioni violente contro il governo. Ma ad alcuni leader del FIS, in particolare Ali Benhadj e Abassi Madani, liberati solo nel 2003, è stata interdetta ogni possibilità di entrare in politica, né di candidarsi, né di esercitare il diritto di voto.
[Nell'immagine: Un’immagine del presidente Bouteflika]
La guerra al terrore
Nei rapporti internazionali, l'Algeria di Bouteflika si è guadagnata la fiducia degli Stati Uniti, soprattutto per aver appoggiato la "guerra al terrore" dell’amministrazione Bush.
Ma molte sono critiche che giungono dall’estero, in particolar modo da Amnesty International che imputa al governo di Algeri il perpetuarsi di torture nei confronti dei detenuti.
Economia
Una delle maggiori scommesse di Bouteflika è il superamento della crisi economica che imperversa da anni, segnata soprattutto da un alto tasso di disoccupazione e di un livello troppo alto di importazioni.
Secondo il settimanale britannico Economist, il Prodotto Interno Lordo, attestatosi al 4.7% nel 2007 è destinato a salire attorno al 6.2% nel periodo 2010-12, a patto che la stabilità politica sia mantenuta.
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