Con l'avvento di Gheddafi al potere, molti degli italiani presenti nel territorio furono costretti a far rientro in patria. Il 7 ottobre 1970, il governo espulse 20,000 dei 35,000 italiani residenti dal 1962, confiscando i loro beni e le loro attività . A seguito della crisi internazionale che portò la nazione nordafricana all'isolamento, la comunità  italiana divenne sempre più esigua, fino a toccare il minimo di 1,500 persone nel 1986.

Soltanto dopo l'apertura degli ultimi anni, sembrò esserci un inversione di tendenza, anche se, per anni prima della guerra civile, rimase l'annosa questione del risarcimento chiesto dal Colonnello per i danni causati dall'Italia negli anni della colonizzazione e dalle guerre combattute sul suolo libico.

Sebbene siano molteplici e complicate le interpretazioni in materia di diritto internazionale, da ambo le parti ci sia stata una volontà  di distensione. L'Italia ha molti interessi economici in Libia, in particolar modo legati all'estrazione del petrolio, inoltre l'ENI, presente nel paese sin dal 1956, ha costruito l'unico gasdotto che unisce il paese con l'esterno.

In particolare, i rapporti italo-libici avevano visto Gheddafi come ago della bilancia per la sicurezza delle coste italiane. Per motivi soprattutto geografici, dalla Libia partono la maggior parte degli immigrati clandestini che dall'Africa tentano di raggiungere l'Europa. Così allo scoppiare della guerra civile, in migliaia, tra profughi e vittime del conflitto, hanno raggiunto l'isola di Lampedusa in cerca di asilo.

Un primo spiraglio di dialogo si aprì con il Comunicato Congiunto firmato a Roma il 4 luglio del 1998. Nel comunicato lo stato italiano non si impegnava direttamente a risarcire la Libia, ma decretava la legittimità  della sua richiesta, anche se il testo non fu mai inviato a ratifica parlamentare. Tre anni dopo, fu abbandonata da ambo le parti ogni pretesa di concretizzare gli impegni del Comunicato e si giunse alla decisione di realizzare un "gesto simbolico" col quale il governo Berlusconi avrebbe onorato il debito.

Nella fase iniziale dei negoziati, si parlò di un importante ospedale oncologico, in seguito di realizzare un'autostrada lungo la costa che avrebbe unito il confine tunisino a quello marocchino. Ma di fronte alla ennesimo diniego italiano, manifestanti libici devastarono il Consolato Generale d'Italia a Bengasi.

Diversamente, gli italiani espulsi da Gheddafi, rappresentati dall'Associazione degli Italiani Rimpatriati dalla Libia (AIRL), furono rimborsati dallo stato italiano negli anni successivi alla loro cacciata, ma continuano a rivendicare il diritto di ritornare nel paese dove sono nati e dove hanno trascorso gran parte della loro vita. La Libia, infatti, proibisce tuttora il rilascio del visto a tutti gli italiani nati nel paese.