Nel 1969 il colonnello Muammar Abu Minyar al-Gaddafi, con un colpo di stato, spodestò il sovrano Iris I, e trasformò radicalmente la società libica nonostante il Colonnello non abbia mai avuto un ruolo formale all’interno del governo e il suo titolo ufficiale fosse soltanto Guida della Grande Rivoluzione del 1 Settembre dello Stato Socialista Arabo-Libico.

Se con Idris I lo stato nordafricano aveva guardato agli Stati Uniti e all’Europa come fedeli alleati, seguendo un modello di sviluppo capitalista, il Colonnello fece approvare subito una nuova Costituzione, nella quale il paese prendeva il nome di Grande Jamāhīriyya Araba di Libia, laddove il neologismo arabo Jamāhīriyya significava Repubblica Socialista Popolare, strizzando così l’occhio da un lato al socialismo reale, dall’altro al panarabismo.

Quella di Gheddafi, infatti, doveva essere la terza via tra comunismo e capitalismo nella quale si fondevano nazionalismo arabo e socialdemocrazia, principi esposti nel Libro verde che pubblicò nel 1976.

Gheddafi nazionalizzò la maggior parte delle industrie petrolifere straniere che operavano nella regione dal 1959, anno in cui furono scoperti importanti giacimenti. Espulse la comunità italiana e chiuse tutte le basi militari statunitensi e britanniche.

Sul fronte interno, la trasformazione socialista arrivò con l’innalzamento del salario minimo e la possibilità per gli operai di partecipare alla gestione delle aziende, mentre fu reintrodotta la Shari’a (il diritto islamico), bandito l’alcool e chiusi tutti i locali notturni. Lo stesso Gheddafi rinunciò ad ogni forma di lusso, dando per primo l’esempio di austerità dormendo (anche per ovvi motivi di sicurezza) in una base militare a Tripoli.

La politica estera libica andò in aiuto delle nascenti nazioni arabe, in particolar modo sostenne l'ONP di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele e fino a buona parte degli anni ottanta appoggiò gruppi terroristici come l'IRA e il Settembre Nero palestinese, diventando così il nemico numero uno di Washington.

Nel 1986 Ronald Regan ordinò il bombardamento di Tripoli, nel quale morì la figlia adottiva del Colonnello. In seguito al coinvolgimento della Libia nell’attentato contro il volo PanAm esploso nel 1988 nei pressi della città scozzese di Lokerbie, nel quale persero la vita 270 persone, l'ONU con la Risoluzione 748 impose al paese un pesantissimo embargo.

Dopo i duri anni di isolamento, la politica estera di Gheddafi ha cambiato rotta, a partire dal 1990 con condanna di Saddam Hussein per l'invasione del Kuwait. Svolta decisiva fu la disponibilità da parte del Colonnello di sottoporre a processo gli imputati libici nella strage di Lockerbie, decisione che spinse l’ONU a ritirare l’embargo.

Sempre più filoccidentale, all’alba del nuovo millennio, Gheddafi ha intrapreso una strada diplomatica che, se da un lato l’ha allontanato sempre più dall’integralismo islamico, in particolare con la condanna di Al-Qaeda e degli attentanti dell’11 settembre 2001, dall’altro l’ha avvicinato all’Europa, ristabilendo rapporti diplomatici anche con gli Stati Uniti.

Immediatamente dopo lo scoppio della seconda guerra del Golfo, nel 2003, Gheddafi ha pubblicamente dichiarato di rinunciare alla costruzione di armi di distruzioni di massa. Tre anni dopo l’amministrazione Bush ha cancellato la Libia dalla lista degli stati canaglia. D'altro canto, Gheddafi, minacciato dalla presenza di gruppi islamici ostili al governo, ha offerto la sua collaborazione nella lotta contro Al-Qaeda, smantellando le reti terroristiche presenti in Libia.

A seguito di quanto stava accadendo in Tunisia ed Egitto, nel febbraio 2011 un gruppo di manifestanti scese in piazza a Bengasi per protestare contro il regime autoritario di Gheddafi. Nel giro di pochissimi giorni le proteste dilagarono in tutto il paese. La risposta del rais fu dura: in un primo momento Gheddafi fece sapere che non avrebbe consegnato le dimissioni (come invece avevano fatto Ben Ali e Moubarak), in seguito dispiegò le forze armate per sedare le rivolte.

Sotto spinta francese, il Consiglio di sicurezza dell'ONU istituì il divieto di sorvolare la Libia e autorizzò una missione militare (sotto il comando NATO) a protezione dei civili. Unione Europea e Lega Araba chiesero le dimissioni di Gheddafi. In un primo momento, i ribelli, sostenuti dai raid aerei della NATO riuscirono a conquistare terreno, ma in breve tempo le milizie pro-Gheddafi riuscirono a respingere l'avanzata verso Tripoli.

Il 28 marzo 2011, il ministro degli esteri Musa Kusa si recò nel Regno Unito, ufficialmente per una visita diplomatica, ma nel giro di due giorni rassegnò le dimissioni, mostrando la propria intenzione di non rappresentare più il governo di Gheddafi per protestare contro gli attacchi dell'esercito contro la popolazione. Il gesto portò alle dimissioni di altri esponenti della diplomazia e dell'esecutivo libico.

Nel pieno della guerra civile, il 27 giugno, il procuratore del Tribunale Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha chiesto alla corte penale l'incriminazione di Gheddafi per crimini contro l'umanità, insieme al figlio Sayf al-Islam Gheddafi e al capo dei servizi segreti libici Abd Allah Senussi. La richiesta di incriminazione nasce dalle prove raccolte sui comportamenti messi in atto per la repressione della rivolta libica del 2011.

Il 20 ottobre 2011, Gheddafi è stato ucciso a Sirte durante un raid ad opera dei militari del Cnt (Consiglio nazionale di transizione). A darne la notizia è stata la tv degli Emirati Arabi, Al Arabiya, e in breve tempo le immagini del cadavere del colonnello hanno cominciato a circolare sui principali network internazionali. Pare che Gheddafi, ferito alle gambe durante il raid, si sia nascosto in un rifugio sotterraneo e, prima di morire, avrebbe inutilmente chiesto agli assalitori di non sparare. Attualmente il paese è guidato da Abd al-Jalil, capo del Cnt, il quale è riconosciuto come unico rappresentante del popolo libico dal marzo del 2011.