Subito dopo la sconfitta del HSM, nel 1988, fece la sua entrata sulla scena politica un giovane predicatore cattolico. Ex militante dell’UPDA, Joseph Kony fondò un movimento armato di ispirazione cristiana in cui si combinavano “spiritualismo apocalittico ad una politica opportunistica e ad una strategia da signore della guerra”.

Il giovane predicatore nord-ugandese mosse guerra contro Kampala sostenendo di voler governare l’Uganda secondo i dieci comandamenti della Bibbia. Nel 1991 il movimento di Kony prese il nome di Lord’s Resistance Army (LRA, in italiano Esercito di Resistenza del Signore) e ancora tutt’ora costituisce il maggiore attore sulla scena politica ugandese, nonché responsabile dei molteplici stermini che hanno devastato il nord del paese.

Non avendo ricevuto lo stesso sostegno popolare dei suoi predecessori, Kony intraprese una politica di intimidazione militare nei confronti delle popolazioni locali. Secondo stime recenti, a partire dalla fine degli anni ’80, circa 66.000 ragazzini furono costretti ad arruolarsi nelle fila del LRA.

Molti di questi furono drogati e costretti a commettere le peggiori atrocità, come uccidere i propri genitori e familiari, per dimostrare fedeltà ai ribelli di Kony. Mentre molte ragazze vennero rapite e costrette a diventare schiave sessuali dei capi del LRA.

La risposta di Museveni - Il primo processo di pace iniziò nel 1993, quando Betty Bigombe, Ministro ugandese per la Pacificazione del Nord, guidò le trattative tra il governo e il LRA. Ma il tentativo fu un completo insuccesso. La tregua durò soltanto poche ore. Subito dopo l'avvio delle trattative, Museveni lanciò un ultimatum ai ribelli e ripresero le violenze.

Nonostante i molteplici sforzi, portati avanti soprattutto da organizzazioni non governative e associazioni cattoliche, all’alba del nuovo millennio, gli scontri nel nord del paese, regione dove vive l'etnia Acholi, si sono intensificati.

Nel 2002, Museveni lanciò l’operazione Pugno di Ferro con gravi ripercussioni anche sulle popolazioni civili che furono costrette ad abbandonare le regioni settentrionali. Sin dal 1996, infatti, il governo aveva condotto l’operazione “proteggere i villaggi”, spostando le popolazioni Acholi in dei campi speciali per di isolare i ribelli del LRA.

In poco tempo l’operazione si rivelò un vero inferno per 1,7 milioni di abitanti (l’80% della regione) si videro costretti a vivere in campi profughi sprovvisti dei più basilari servizi igienici. Le conseguenze furono disastrose, con una massiccia diffusione dell’HIV/AIDS e, secondo stime pubblicate nel 2005, sul finire degli anni ’90, nei campi morivano circa 1.000 persone a settimana.

Il 14 ottobre 2005, dopo le pressioni di Museveni all’Assemblea delle Nazioni Unite, fu istituito un Tribunale Internazionale per i crimini di guerra, il quale, lo stesso anno, emanò un mandato di cattura nei confronti di Kony e di altri 4 membri del LRA. Nel frattempo che la guerra sudanese si spostava verso ovest nella regione del Darfur, il governo di Khartum si impegnò a guidare il processo di pace in Nord Uganda. Il 26 agosto del 2006, il governo di Museveni accettò di porre fine alla repressione nei confronti del LRA, dando inizio al processo di pace nella città sudanese di Juba.

Nell’agosto del 2006 ambo le parti firmarono il primo "cessate il fuoco". Ma Kony e gli altri leader, temendo il mandato del Tribunale Internazionale, ripararono in Congo lungo il confine sudanese. Mentre sul finire del 2006, il LRA abbandonò le trattative accusando il governo di non rispettare i precedenti accordi.

Seguirono una serie di accordi e di cessate il fuoco, ma le violenze si sono placate soltanto negli ultimi mesi. A Febbraio del 2008, infatti, è stato firmata una tregua permanente del conflitto, portando un ventata d’ottimismo in tutto il paese e premettendo a molti degli sfollati di tornare nei loro villaggi.