Unica figlia di Jawaharlal Nehru, il primo leader dell'India indipendente, Indira Nehru Gandhi salì alla guida del paese nel 1966, e nel corso di quasi vent'anni lasciò un'impronta indelebile nella storia indiana e non solo. Dopo aver studiato ad Oxford, dove incontrò il futuro marito, Feroze Gandhi (nonostante il cognome, quest'ultimo non aveva nessun legame di parentela con il Mahatma), Indira tornò in India per prender parte alla vita politica.

Già alla nomina di capo del Congresso, Indira dovette affrontare l'opposizione della fazione di destra del partito guidata da Morarji Desai. Nelle elezioni del 1967, Indira Gandhi ottenne una vittoria risicata, pertanto dovette accettare la nomina di Desai a ministro della finanza.

Nonostante l'ostracismo di parte del Partito, la figura di Indira divenne sempre più popolare, soprattutto grazie ad una serie di sconfitte, politiche e militari, inflitte al Pakistan. Indira, infatti, sostenne l'indipendenza del Bengala dell'Ovest dal Pakistan e nel 1971, tramite il supporto militare indiano, la regione riuscì ad ottenere l'indipendenza, col nome di Bangladesh.

Forte della vittoria contro il nemico di sempre, nelle elezioni del 1972 riuscì a ottenere una vasta maggioranza a discapito sia dei partiti d'opposizione che delle correnti avverse nel suo stesso partito, ma dopo poco, lo sconfitto Partito Socialista accusò la Gandhi di aver violato le leggi elettorali e la magistratura indiana avviò un'inchiesta su di lei e sul figlio Sanjay.

La sua politica economica fu orientata ad ampliare le riforme socialiste già avviate da suo padre. Ma a differenza Jawaharlal, in politica estera Indira avvicinò l'India all'Unione Sovietica, secondo molti spinta da una forte antipatia (tra l'altro reciproca) nei confronti dell'ex presidente USA Richard Nixon. E soprattutto dotò il suo paese della bomba atomica.

Nel 1975 l'Alta Corte di Allahabad condannò Indira Gandhi a lasciare il proprio seggio in parlamento e ad abbandonare la politica per sei anni. La risposta della primo ministro fu molto dura: dichiarò lo stato di emergenza in tutto il paese, fece imprigionare tutti i suoi oppositori politici, assunse dei poteri speciali e limitò diverse libertà personali ai cittadini. In questo periodo, inoltre, impose una serie di leggi impopolari, come la sterilizzazione su larga scala per il controllo delle nascite. Quando furono indette delle nuove elezioni, nel 1977, Gandhi e il suo partito subirono una netta sconfitta, aprendo la strada al partito di destra, Janata, rappresentante dell'etnia indù.

Da ottobre 1977 a novembre 1978 fu imprigionata. In quel periodo, il Partito del Congresso si divise, tra chi sosteneva l'ex primo ministro e chi no. Indira Gandhi però non si fermò e dalla sua prigionia fondò il Partito del Congresso (I), laddove "I" stava proprio per Indira. Nonostante le molteplici difficoltà, Indira riuscì ad ottenere di nuovo il proprio seggio parlamentare e nel 1980, durante le elezioni per il rinnovo del Lok Sabha (la Camera dei deputati indiana), il Partito del Congresso "I" ottenne una schiacciante vittoria.

Anche Sanjay Gandhi, che ormai era diventato il suo braccio destro, riuscì ad ottenere un posto in parlamento e tutte le accuse contro di lei e di suo figlio furono ritirate. Nel giugno del 1980 Sanjay morì in un incidente aereo (da molti considerato un vero e proprio attentato) e la "successione" politica passò, quindi, al suo secondo figlio Rajiv. Negli anni '80, Indira Gandhi dovette fronteggiare grossi problemi con le rivendicazioni delle minoranze etniche, in particolare degli estremisti Sikh che minacciavano di dichiarare guerra al governo di Nuova Delhi per ottenere l'indipendenza del Punjab.

Nel giugno del 1984, Indira Gandhi ordinò un attacco armato nel Tempio dell'Oro a Amritsar, luogo sacro per gli Sikh, dove – secondo quanto riportato dalle autorità indiane – gli estremisti stavano ammassando delle armi. L'irruzione, però, causò la morte di almeno 450 persone, tra i quali numerose donne e bambini. Cinque mesi dopo, la stessa Gandhi fu assassinata da due delle sue guardie del corpo, entrambi di etnia Sikh che, in questo modo, intesero vendicare le morti al Tempio.