La fine della seconda guerra mondiale coincise con il crollo dell'Impero giapponese, iniziato nel 1871 in seguito all'abbandono del vecchi domini feudali. Ma la nascita dell'Impero si legò soprattutto al rapido processo di industrializzazione che in breve tempo trasformò tutto il paese.

A partire proprio dalla fine del diciannovesimo secolo il Giappone si scontrò in diverse occasioni contro la Cina per il controllo della Corea. Le guerre Sino-Giapponesi, infatti, segnarono proprio il declino di Pechino e l'ascesa di Tokyo.

Nel pieno delle proprie mire espansionistiche, il 7 dicembre 1941, l'aviazione giapponese attaccò la base statunitense di Pearl Harbour nelle Hawaii. L'episodio determinò l'entrata in guerra degli Stati Uniti, aprendo un nuovo fronte del conflitto (il Giappone era alleato di Germania e Italia).

Se le truppe alleate riuscirono a liberare il Vecchio Continente, il Giappone continuò ad attaccare senza sosta le basi americane. Proprio in quell'occasione fu coniata la parola kamikaze (letteralmente "soffio divino"), usata per indicare i piloti che compivano attacchi suicidi contro gli obiettivi nemici.

La fine della guerra in Giappone coincise con lo sgancio di due bombe atomiche "little boy" e "fat man" sulle città di Hiroshima e Nagasaki, sconvolgendo il mondo intero e mettendo il paese in ginocchio che, il 2 settembre '45, si arrese.

La resa del paese divenne motivo di scontro fra l'imperatore Hirohito, secondo la costituzione il capo delle forze armate, e gli apparati militari che continuarono a combattere contro gli americani. Il generale Douglas MacArthur, comandante delle truppe alleate nell'estremo oriente, infatti, fece in modo che le responsabilità del conflitto ricadessero esclusivamente su Hideki Tojo, il primo ministro, evitando che Hirohito e gli altri membri della famiglia reale fossero processati per crimini di guerra.

Le nazioni vincitrici istituirono il Tribunale Militare Internazionale per l'Estremo Oriente (conosciuto anche come il Processo di Tokyo) che condannò Tojo alla pena di morte come criminale di guerra e assieme a lui buona parte dell'establishment militare. Nel 1947 il Giappone adottò una nuova costituzione pacifista, cercando la cooperazione internazionale, enfatizzando i diritti umani e le pratiche democratiche.

La ripresa del paese, devastato dalla potenza delle bombe nucleari, e in ginocchio dopo anni di guerra, fu dura. Ma, grazie ad una seria di accordi con le nazioni vincitrici il Giappone riuscì a rialzarsi in breve tempo. Solo nel 1946 gli Stati Uniti, infatti, fecero un prestito al Giappone di 92 milioni di dollari (per l'epoca una cifra impressionante). L'occupazione statunitense durò ufficialmente fino al 1952, anche se le truppe militari americane mantennero l'importante base nell'isola di Okinawa.

Grazie a un programma di sviluppo industriale aggressivo e con l'assistenza degli Stati Uniti, l'economia giapponese crebbe con un tasso medio del 10% che dagli anni '50 agli '80 fecero del paese la seconda economia mondiale (dopo gli USA). Il Partito Liberal Democratico (Jiminto, PLD), di destra, e il Partito Social Democratico (Shakai Minshuto, PSD), di sinistra, cioè i maggiori partiti politici giapponesi, vennero formati nel 1955.

Eccetto una breve parentesi nel 1993, fino al 2009 il paese fu guidato dai conservatori. L'industria, in particolare l'elettronica, divenne la spina dorsale della ripresa e in breve tempo, colossi industriali conquistarono il mondo intero. La stabilità politica fu interrotta per la prima volta nel 1960, quando il governo conservatore fu costretto a dimettersi. In quell'anno l'esecutivo aveva riconfermato il Trattato di Mutua Cooperazione con Washington, secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero continuato a proteggere militarmente il paese, mantenendo l'occupazione dell'isola di Okinawa.

La risposta popolare fu durissima: una serie di manifestazioni costrinsero il governo alle dimissioni. La percezione degli Stati Uniti divenne di nuovo positiva solo nel 1972, quando una parte delle truppe USA abbandonarono Okinawa. Nello stesso anno, Tokyo stabilì relazioni diplomatiche con Pechino, seguite da una crescente collaborazione economica.