La crescita esponenziale dell'economia giapponese raggiunse dei numeri impressionanti: a ridosso di capodanno lo yen superò di gran lunga il dollaro e il Nikkei 225 (l'indice della Borsa di Tokyo) ottenne il record dei 39.000 punti.

Nel 1991, però, il boom economico giapponese, lungo quasi mezzo secolo, ebbe un'improvvisa battuta d'arresto. La perdita di posti di lavoro, il rallentamento della crescita economica e una serie di scandali finanziari fecero vacillare il governo conservatore.

Nel 1993, dopo la sfiducia nei confronti dell'esecutivo, con una coalizione formata dalle forze che per quarant'anni erano state all'opposizione (con l'eccezione del partito comunista) Morihiro Hosokawa divenne primo ministro. Il nuovo governo, però, durò soltanto 8 mesi, poiché i partiti coalizzati non riuscirono a trovare un accordo sulle politiche sociali. Nonostante il breve periodo, Hosokawa prese una serie di posizioni in politica estera a dir poco "rivoluzionarie".

Il 15 agosto 1993, in occasione della commemorazione della seconda guerra mondiale, Hosokawa dichiarò che fu una "guerra di aggressione, una guerra sbagliata", ammettendo le responsabilità del paese, scusandosi con i sopravvissuti e le vittime.

Il 6 novembre dello stesso anno, infatti, fece visita alla Corea del Sud e nel marzo del '94 andò a Pechino, dove vennero firmati una serie di trattati di cooperazione economica e di protezione ambientale. Il Partito Socialista tornò al governo nel 1994, però, in coalizione con il Partito Liberal Democratico e il socialista Tomiichi Murayama venne eletto primo ministro.