Cile, il ritorno alla democrazia
Il passaggio dal regime di Pinochet alla democrazia fu graduale, in un primo momento gli apparati militari continuarono ad avere grosso peso politico. Anche se le elezioni democratiche del 1989 erano state vinte da Patricio Aylwin, leader della Concertación de Partidos por la Democracia, Augusto Pinochet rimaneva a capo dell'esercito.
Le riforme attuate da Aylwin riguardarono soprattutto l'economia e miravano ad un'equa ridistribuzione della ricchezza, attraverso importanti investimenti nel settore pubblico (la spesa per l'educazione crebbe del 44% e per la salute del 54%). Nei 4 anni di presidenza, la disoccupazione scese dal 7,8% al 6,5%, i salari dei lavoratori meno abbietti crebbero del 20% e - secondo i dati delle Nazioni Unite - il numero di cileni che vivano sotto il livello di povertà passò dal 40% al 33%.
Le successive presidenze di Eduardo Frei Ruiz-Tagle e Ricardo Lagos (anche loro esponenti della Concertación, che riuniva partiti di sinistra e Democrazia Cristiana) continuarono a operare nella stessa direzione di Aylwin. Per tutti gli anni '90, infatti, il Cile fu il paese sudamericano con la maggiore crescita economica.
L'11 marzo 2006, per la prima volta veniva eletta a capo del paese una donna: Michelle Bachelet, figlia del generale Alberto Bachelet, responsabile per la distribuzione delle derrate alimentari durante la presidenza Allende.
Tutto il mondo plaudì la vittoria della Bachelet come segno di netto distacco e di superamento con il regime di Pinochet. A differenza dei suoi predecessori che negli anni '70 avevano militato nella Democrazia Cristiana, la Bachelet aveva un passato di attivista nel partito socialista. Non solo era stata una sostenitrice di Allende, ma subito dopo il golpe, insieme a sua madre, fu portata a Villa Grimaldi, centro di detenzione per gli oppositori politici, dove rimase per quasi un anno.
[Nell'immagine: Il Generale Augusto Pinochet e Patricio Aylwin]
Dalla dittatura alla democrazia controllata
In un clima tutt'altro che democratico, l'11 settembre 1980, fu votata una nuova Costituzione, che poneva Pinochet a capo del paese per 8 anni, al termine dei quali, poteva essere rieletto solo per votazione plebiscitaria. Nella seconda metà degli anni '80, pressato dall'opposizione interna e dall'opinione pubblica internazionale, il regime fu costretto a riammettere in parlamento i partiti di sinistra. Alla scadenza degli 8 anni le opposizioni (socialisti, radicali, ambientalisti e democristiani) si unirono nella Concertación de Partidos por el "NO" e nel referendum del 1988 vinsero con il 56% dei voti. Pinochet lasciò la presidenza l'11 marzo 1990, al suo posto venne eletto Patricio Aylwin. Nonostante il passaggio alla democrazia, l'ex generale non scomparse dalla vita politica cilena. Per anni mantenne il comando delle Forze Armate e in seguito fu nominato Senatore a vita.
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