La morte di Stalin nel 1953, portò ad una notevole trasformazione nella struttura del Partito in senso "oligarchico". A governarlo, infatti, era un collegio, dal quale emerse la figura di Nikita Krusciov. In un famoso discorso del 1956, Krusciov prese le distanze da Stalin, denunciandone le atrocità e i crimini commessi contro il partito e la stessa Unione Sovietica.

In tal senso, annunciò una serie di riforme con lo scopo di innalzare gli standard di vita di milioni di sovietici, nonché "addolcire" i metodi della polizia, riportando il KGB (i servizi segreti) sotto il controllo del Partito.

Sul piano internazionale Krusciov elaborò il famoso Patto di Varsavia, l'alleanza militare (in risposta alla NATO) sottoscritto nella capitale polacca il 14 maggio 1955 da tutti i paesi sotto l'influenza sovietica (Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania Est, Polonia, Romania e Ungheria). Si formarono così, i due blocchi, quello Atlantico e quello Sovietico che si sarebbero contrapposti per tutti gli anni di Guerra Fredda.

La pressione sovietica sulle nazioni alleate fu durissima. Nel 1956, Mosca mandò l'esercito a sopprimere la rivolta in Ungheria e nel 1968, carro armati sovietici entrarono nella capitale Cecoslovacca, soffocando nel sangue il movimento riformista guidato da Alexander Dubcek durante quella che fu ricordata come la Primavera di Praga.

La politica internazionale sovietica, però, non riguardò solo i rapporti con le nazioni confinanti, come nel 1962, quando caccia statunitensi scoprirono missili sovietici installati a Cuba. Solo un accordo tra il presidente americano John Fitzgerald Kennedy e Krusciov scongiurò un terzo conflitto mondiale.

Del resto, per tutto gli anni successivi, fino alla sua caduta, l'URSS appoggiò la salita al potere di regimi comunisti in ogni angolo del globo, dal Vietnam di Oh Chi Min, dal Derg in Etiopia, a Sandinisti in Nicaragua, per finire con l'invasione dell'Afghanistan in sostegno al governo di Nur Muhammad Taraki.