Nel 1996 una coalizione di destra formata da Partito Liberale e Partito Nazionale dell'Australia vinse le elezioni, e John Howard fu nominato primo ministro. In materia economica, la politica di Howard fu incentrata su una forte privatizzazione, e conseguente riduzione della spesa pubblica. Ma tra le misure più significative del governo di destra riguardarono in particolar modo la restrizione del flusso migratorio e la lotta all'immigrazione clandestina.

A partire dai primi anni del ventesimo secolo, l'Australia era stata terra di immigrazione, grazie soprattutto al boom economico dei primi del novecento. Sul finire del millennio, però, una ventata xenofoba ha investito il paese, tanto che nelle elezioni del 2000, il partito ultranazionalista "Una Nazione", a sostegno della rielezione di Howard, ottenne l'8% delle preferenze. Uno spostamento a destra così marcato della politica australiana sembra essere dovuto proprio alle tensioni tra immigrati asiatici (in particolar modo cinesi) e la comunità di origine europea.

Stretto alleato di Washington, Howard appoggiò gli Stati Uniti nella lotta al terrorismo con l'invio delle truppe australiane in Afghanistan e Iraq. Rieletto nel 2004, Howard fece approvare una nuova legge sull'immigrazione, ancora più restrittiva, tanto da vietare, nel 2005, l'accesso al continente ad una nave contenente profughi afgani, provocando le dure proteste da parte dell'ONU.

La popolarità di Howard è diminuita nel 2006. Il crescente malcontento contro la presenza militare in Iraq, la pesante stagnazione economica che a cavallo tra 2005 e 2006 ha colpito l'Australia e il crollo dei consumi hanno spianato la strada, nelle elezioni politiche del 2007, al laburista Kevin Rudd, grazie anche all'appoggio del partito aborigeno "Australia Unita".