Non è facile parlare di Israele, un paese nato "solo" nel 1948, anche se la storia del suo popolo è antichissima e la scelta del fazzoletto di terra mediorientale come patria ha una fortissima connotazione religiosa, che risale a più di tremila anni fa.

D'altro canto, non è possibile raccontare o anche solo tentare di comprendere la storia (e l'attualità) del piccolo stato ebraico, senza tener conto delle vicende del popolo palestinese, quasi fosse l'altra faccia della stessa medaglia.

L'arrivo di coloni ebrei nella Palestina risale ai primi anni del ventesimo secolo, quando la mezzaluna fertile era amministrata dalla Gran Bretagna. Già dai primi anni del mandato britannico, infatti, ci furono le prime tensioni tra ebrei e popolazioni arabe che abitavano la Palestina.

Il 29 novembre del 1947 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunitasi a New York, approvò la Risoluzione 181 per porre fine al conflitto israelo-palestinese, proposta dal Comitato UNSCOP (United Nations Special Committee on Palesatine, Commissione Speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina), composto da 11 stati (alla quale non prese parte nessuna delle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale).

Nacque così il Piano di partizione della Palestina, secondo il quale dovevano essere creati due stati, uno palestinese, un altro israeliano, con Gerusalemme posta sotto il controllo internazionale. Gli arabi rifiutarono il piano, innescando un nuovo conflitto tra le due parti.

Il 1948 si aprì con forti scontri tra palestinesi e israeliani che finirono, inevitabilmente, per coinvolgere le forze britanniche ancora presenti sul territorio. Il mandato britannico sarebbe finito il 15 maggio dello stesso anno e il giorno prima, Ben-Gurion (all'epoca a capo dell'Agenzia Ebraica) proclamò a Tel Aviv la nascita dello Stato di Israele, subito riconosciuta da Stati Uniti, URSS e, in seguito, dall'Assemblea delle Nazioni Unite, mentre la Cina si schierò a fianco delle nazioni arabe.