La Palestina storico-geografica, che oggi include lo Stato di Israele e i Territori Palestinesi, è uno dei posti più affascinanti del pianeta. Non tanto per il paesaggio (anche se la depressione del Mar Morto, a oltre 400 metri sotto il livello del mare, è il posto più basso al mondo e i canyon che vi discendono sono di uno spettacolo unico); quanto per la situazione sociale creatasi durante l’ultimo secolo.

È impossibile capire la realtà di quella terra se non la si vive. Mi sono occorsi due anni di vita tra Ramallah, Gerusalemme, Tel Aviv, Betlemme, Nablus, Hebron, Nazareth, Haifa, per riuscire a farmi un’idea di quanto complessa e multiforme sia l’esistenza delle popolazioni che vivono in quel piccolo fazzoletto di terra, poco più grande della Sicilia, per intenderci.

Da tempi immemorabili questa terra è abitata da popolazioni di origine semitica, al cui ceppo appartengono sia gli Ebrei sia gli Arabi, infatti la lingua araba e quella ebraica hanno molti aspetti in comune (ebbene si, anche se ci può sembrare strano). Già da qui si capisce che la diatriba tra Israeliani e Palestinesi su “a chi appartiene questa terra”, dovrebbe essere messa da parte. Inoltre quelli che oggi chiamiamo Palestinesi non sono esclusivamente gli arabi musulmani giunti qui con Maometto nel medioevo, ma un misto di popolazioni semitiche mescolatesi nel corso dei secoli (infatti esistono anche palestinesi cristiani). E, in fondo, sono da considerare “palestinesi” anche la minoranza di ebrei rimasti a vivere sempre qui fin dai tempi biblici (anche se quasi tutti furono dispersi con la diaspora in epoca romana, pochi di loro rimasero qui).

Ho notato in effetti forti somiglianze somatiche tra alcuni ebrei di Gerusalemme e i palestinesi: in particolare non mi è potuta sfuggire la superba bellezza di ragazze palestinesi che, per profilo e carnagione, assomigliano sorprendentemente ad alcune loro coetanee ebree gerusalemitane, magari quest’ultime appartenenti all’ebraismo più tradizionale e conservatore.

Entrambe, le palestinesi musulmane e le ebree, portano un velo (anche se di foggia diversa) per coprire i capelli, per tradizioni religiose simili; entrambe coprono il corpo fino alle caviglie, con lunghe gonne (le ebree tradizionaliste) o con tipiche tonache femminili (le palestinesi musulmane). Le palestinesi cristiane, invece, amano sfoggiare i loro curatissimi capelli color nero corvino e vestire alla moda occidentale, spesso indulgendo in scollature e jeans attillati: particolari a cui non si penserebbe mai, credendo erroneamente che tutti i palestinesi siano musulmani. Esistono comunque, soprattutto in Palestina, musulmani molto liberali e praticamente non osservanti, in particolare tra i giovani, e non è poi così raro incontrare ragazze che si professano di formazione musulmana e che pure non portano il velo e vestono assolutamente all’occidentale.

Invece gli ebrei uomini più tradizionalisti (o “ultraortodossi”, come vengono definiti) si distinguono, quanto a usi e costumi, non solo dagli uomini palestinesi, ma anche da tutti gli altri cittadini israeliani: indossano i famosi pastrani e cappelli neri (in realtà di diverse fogge e colori a seconda delle tradizioni dei loro paesi d’origine: centro Europa piuttosto che Ucraina, ecc.), e sfoggiano lunghe barbe e basette a ricciolo che scendono lungo le tempie. Alcune loro comunità, udite udite, proclamano di non riconoscere nemmeno l’autorità dello Stato di Israele come entità politica attuale perché, affermano, sarebbe stato creato contro gli insegnamenti del libro sacro degli Ebrei, la Torah.

I tradizionalisti musulmani invece indossano lunghe tonache come unica veste, lunghe barbe come unico ornamento del corpo, e come copricapo uno zucchetto che (anche qui, i casi della storia) assomiglia alla kippah indossata dagli ebrei. Però non ci sono soltanto i tradizionalisti religiosi, ci sono anche gli anziani che vestono e vivono secondo le abitudini di una volta: è abbastanza comune, ed è bellissimo, vedere anziani passeggiare per strada, anche in piena Ramallah, le donne con bellissime vesti tradizionali ma di uso quotidiano e gli uomini solitamente sbarbati (a differenza dei religiosi) con tonaca, bastone e kefiah, che oggi è un simbolo palestinese, ma che in realtà era ed è un normale copricapo di origini contadine. Infatti basta uscire un po’ dalla città per vedere contadini con la kefiah a dorso di mulo...

Queste sono le immagini quotidiane di Palestina e Israele, incredibili agli occhi di noi occidentali fino a che, dopo settimane o mesi che ci vivi, ci fai l’abitudine e ti sembrano cose normalissime. Ma evidentemente normalissime non sono. Sono un crogiuolo di tradizioni particolarissime e diverse che convivono spalla a spalla da secoli, facendo di questa regione arida e dura un luogo unico al mondo. Chissà se queste tradizioni resisteranno ancora a lungo alla globalizzazione, che poco a poco sta facendo breccia anche qui.