Come paese aderente alla moneta unica, l'economia austriaca è connessa a quella dell'Unione Europea e, per ovvie ragioni storiche, in particolare a quella tedesca. L'ossatura economica si basa, in primo luogo, sul settore dei servizi (69%), seguito dal comparto industriale (29.5%) e dalla produzione agricola (1.5%).

Dopo anni di esportazioni e di crescita record, la crisi finanziaria del 2008 e la conseguente recessione economica globale hanno portato ad una profonda depressione anche in Austria. Il PIL austriaco, infatti, è diminuito del 3,9% nel 2009, anche se ha visto una crescita positiva di circa il 2% nel 2010 e del 3% nel 2011. A differenza di altri paesi dell'area Euro, la disoccupazione non è aumentata in maniera vertiginosa, attestandosi nel 2011 attorno al 5.4%. Tale risultato è il frutto dell'impegno da parte del governo nel riformare il marcato del lavoro, attraverso una serie di incentivi per le aziende che non licenziano.

A partire dal 2008, le misure per la stabilizzazione finanziaria e una riforma dell'imposta sul reddito hanno sostenuto il deficit di bilancio che è passato dal 4,7% nel 2010 al 3,6% nel 2011, sebbene partisse dal 1,3%. La crisi finanziaria internazionale, però, ha causato difficoltà per le maggiori banche austriache, le quali operano principalmente nell'Europa centrale, orientale e sud-orientale.

Per tamponare le gravi perdite economiche, il governo ha sostenuto finanziariamente le banche - in alcuni casi, anche attraverso la nazionalizzazione. Nonostante la posizione fiscale positiva, rispetto agli altri paesi della zona euro, l'Austria si trova ad affrontare notevoli rischi esterni, come l'esposizione alla crisi di liquidità che rischia di travolgere le banche che operano nei paesi del centro-Europa, senza tener conto delle incertezze politiche ed economiche causate dalla crisi del debito sovrano europeo.