Il 6 ottobre 1973, durante la celebrazione del Yom Kippur (il giorno dell'espiazione), l'Egitto, appoggiato dalla Siria e da altre nazioni arabe (come la Libia) invase i territori israeliani nella penisola del Sinai. Dopo pochi giorni lo stato di Israele sconfisse le truppe arabe, minacciando l'invasione del Cairo.

In risposta, il 17 ottobre 1973 i membri dell'Organizzazione dei paesi arabi esportatori di petrolio (Organization of Arab Petroleum Exporting Countries, OAPEC) decisero di non esportare più l'oro nero nei paesi sostenitori dello stato di Israele (in particolare Stati Uniti e Olanda per aver fornito armi ai sionisti). Il prezzo del petrolio nel 1974 sfondò quota 12 dollari al barile (un record storico per l'epoca) e per tutti gli anni '70 e '80 il prezzo continuò a salire.

La crisi portò il governo degli Stati Uniti a varare una serie di misure straordinarie per frenare l'inflazione. Tra le misure straordinarie, vi fu l'abbassamento dei limiti di velocità a 55 mph (miglia all'ora, circa 90 km all'ora). Il limite rimase fino al 1986. Inoltre, il 6 gennaio 1974 tutti gli stati nordamericani spostarono un'ora avanti le lancette per sfruttare al meglio la luce del sole. Ma la crisi ebbe ripercussioni su tutte le economie occidentali.

Per approfondire, Le origini del primo shock petrolifero, tesi di laurea di Cecilia Moretti Micheli, la quale ricostruisce il quadro storico e politico, che va dalla fine della guerra dei “sei giorni”, nel 1967, alla vigilia della guerra dello Yom Kippur, nell’ottobre 1973, al fine di offrire una cornice quanto più dettagliata entro la quale comprendere il mutamento progressivo del mercato petrolifero.