Negli anni '60, l'America, sconvolta dalla morte di Kennedy, dalla guerra in Vietnam, aveva comunque mantenuto il pugno duro contro il nemico di sempre. Proprio la lotta al comunismo aveva portato gli States nella regione asiatica per arginare l'ascesa di Oh Chi Min e dei suoi VietCong. Ma col passare del tempo, l'opinione pubblica sempre più scossa dalle notizie che giungevano da Saigon, chiedeva un cambiamento di rotta nella politica estera statunitense.

I primi segnali di distensione tra Stati Uniti e i paesi comunisti arrivarono dopo che per la prima volta un presidente americano visitò la Repubblica Popolare Cinese, all'epoca ancora guidata da Mao Zedong, il leader della rivoluzione del 1949. Il 21 febbraio 1972, Nixon atterrò a Pechino. In un viaggio durato 7 giorni, in cui viaggiò dalla capitale a Shangai, il presidente americano incontrò i principlai politici cinesi e ristabilì i rapporti diplomatici con la repubblica comunista.

Durante il viaggio diplomatico, organizzato dal Segretario di Stato Henry Kissinger, l'America riconobbe la sovranità cinese su Taiwan, anche se l'isola manteneva uno statuto speciale che le permetteva di commerciare con i paesi esteri. In cambio di una prima apertura ai mercati esteri, la Repubblica Popolare Cinese chiese l'eliminazione dalla lista ONU dei paesi coloniali di Hong Kong e Macao (britannica la prima e portoghese la seconda).

Nonostante gli accordi del 1972, la questione si trascinò fino al 1997 per Hong Kong e 1999 per Macao, con l'impegno di trasferire i pieni poteri ai singoli paesi solo nei prossimi 25 anni. Altro segnale forte di distensione fu il primo trattato di non proliferazione militare, Anti-Ballistic Missile Treaty (Trattato Anti Missili Balistici) firmato il 26 maggio 1972 a Mosca da Nixon e dal leader sovietico Leonid Brezhnev. Al trattato di Mosca seguirono altri importanti accordi di non proliferazioni noti come SALT, Strategic Arms Limitation Treaties (Trattato per la limitazione degli armamenti strategici).

Il 18 giugno 1979, a Vienna, fu siglato SALT II, tra il nuovo presidente americano Jimmy Carter e Brezhnev. Dopo circa sette anni dalle prime trattative, gli Stati Uniti e l'URSS si impegnarono a diminuire la produzione di armi nucleari. Nonostante gli accordi, il 25 dicembre 1979 l'Urss invase l'Afghanistan, per sostenere il governo comunista di Nur Mohammad Taraki contro i Mujahideen, sostenuti dagli integralisti islamici, tra cui si annoverava un giovane saudita, Osama Bin Laden.

In seguito all'occupazione dell'Afghanistan (che durerà fino al crollo definitivo dell'URSS), il Senato americano non ratificò mai il SALT di Vienna, anche se fino al 1985, quando l'amministrazione Regan accusò l'URSS di non rispettare gli accordi, quest'ultimi non furono mai violati.