L'Ayatollah Khomeini, ispiratore e massima guida della Rivoluzione Islamica in Iran, morì nel giugno 1989 e al suo posto come guida, spirituale e politica, salì Ali Khamenei, già presidente dell'Iran. Nelle elezioni di luglio, venne eletto presidente Hojatoleslam Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani favorì una parziale liberalizzazione dell'economia iraniana, aprendo uno spiraglio di dialogo con le nazioni occidentali, ma le sue politiche trovarono la dura opposizione di Khamanei e dell'ala più conservatrice del parlamento.

Nonostante le dura repressione delle autorità religiose, la società iraniana andò trasformarsi comunque. Attivisti politici, registi, intellettuali, grazie all'introduzione dei nuovi mezzi di comunicazione, cominciarono a far sentire la propria voce. Alcuni di questi, però, furono comunque costretti ad abbandonare il paese. Nelle elezioni del 1997, fu eletto presidente Mohammad Khatami, già ministro della cultura di Rafsanjani, costretto a dare le dimissioni nel 1992 a causa delle sue posizioni troppo moderate e riformiste.

La leadership di Khatami, infatti, portò una ventata di riformismo, sconfiggendo le forze più conservatrici, rappresentate da Ali Akbar Nateq-Nouri. In meno di un anno, furono riaperti più di 900 quotidiani soppressi dal regime di Khomeini. Ma le riforme di Khatami non durarono troppo a lungo. L'Aytollà Khamenei continuo a utilizzare i propri poteri esecutivi contro il governo e il presidente. Nel 1998, infatti, il parlamento licenziò il ministro degli interni Abdullah Nouri, e il sindaco di Teheran, Gholamhussein Karbaschi, fu imprigionato, con l'accusa di corruzione da parte dell'opposizione conservatrice.

Al tempo stesso, molti quotidiani riformisti furono accusati di offendere la religione islamica, e quindi chiusi l'uno dopo l'altro. Sei importanti intellettuali, compreso il leader nazionalista Dariyush Farouhar e sua moglie, Parvaneh Eskandari, furono sentenziati a morte per attività sovversive, nonostante il sostegno dell'opinione pubblica. La risposta alle repressioni portò, nelle elezioni amministrative di febbraio 1999, ad una nuova schiacciante vittoria dei partiti riformisti, e molte donne furono elette anche nelle zone più rurali del paese. La linea dura delle autorità religiose, però, non si fermò.

Nel luglio dello stesso anno, gli studenti scesero in piazza per protestare contro la chiusura del quotidiano Salam. La protesta fu repressa nel sangue dall'organizzazione paramilitare Ansar-e-Hezbollah (letteralmente "i sostenitori del partito di Dio") che uccise 4 studenti e ne arrestò centinaia. Il girono dopo l'attacco, 25.000 studenti si riunirono in un sit in per chiedere le dimissioni capo della polizia di Teheran. In poco più di 48 ore le rivolte scoppiarono nelle maggiori città iraniane: tutti chiedevano più libertà, di espressione e di stampa, la fine della presenza della polizia nelle università e la liberazione di 13 ebrei iraniani, arrestati dal governo con l'accusa di essere spie israeliane.

Le proteste durarono solo 5 giorni, il governo sedò la rivolta arrestando centinaia di dissidenti. Nelle elezioni del 2001 Khatami fu rieletto come presidente con una vasta maggioranza, ma ormai nessuno più credeva che potesse davvero introdurre serie riforme all'interno della società e del governo iraniano. Infatti, nel novembre 2002 Hashem Aghajari, un influente accademico moderato, fu condannato a morte per il discorso pubblico in cui chiedeva una riforma religiosa che aveva causato la rivolta dell'estate del 1999. La condanna fu tramutata in carcere e nel 2004, Aghajari fu rilasciato su cauzione.

Per le elezioni del 2004, Assemblea Consultiva Islamica (il Majles, il parlamento iraniano) dichiarò inadeguati a presentarsi per le elezioni almeno la metà degli ottomila candidati, tra i quali c'erano molti riformisti. La decisione del Majles aprì una profonda crisi politica, poiché molti dei politici che si erano visti rifiutare la possibilità di essere eletti erano vicini all'ex presidente. Nonostante molti uomini di Khatami fossero stati riammessi, nelle elezioni amministrative il partito conservatore ottenne una schiacciante vittoria, aprendo la strada all'inevitabile vittoria anche a livello nazionale. Nel gennaio del 2005, infatti, le elezioni politiche iraniane furono vinte dall’ex sindaco di Teheran, il conservatore Mahmoud Ahmadinejad che spense ogni speranza di riformismo.