Khomeini morì nel giugno 1989 e al suo posto salì Ali Khamenei, già presidente dell'Iran negli anni precedenti. Nelle elezioni di luglio, venne eletto presidente Hojatoleslam Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani favorì una parziale liberalizzazione dell'economia iraniana, aprendo uno spiraglio di dialogo con le nazioni occidentali, ma le sue politiche trovarono la dura opposizione di Khamanei e dell'ala più conservatrice del parlamento.

Nelle elezioni del 1997, fu eletto presidente il riformista Mohammad Khatami, la cui leadership sembrò, almeno nei primi mesi del suo mandato, essere in grado di cambiare il paese. In meno di un anno, infatti, furono riaperti più di 900 quotidiani soppressi dal regime di Khomeini. Ma le riforme di Khatami non durarono troppo a lungo. L'Ayatollah Khamenei continuo a utilizzare i propri poteri esecutivi contro il governo e il presidente.

Nel luglio del 1999, gli studenti scesero in piazza per protestare contro la chiusura del quotidiano Salam. La protesta fu repressa nel sangue dall'organizzazione paramilitare Ansar-e-Hezbollah (letteralmente "i sostenitori del partito di Dio") che uccise 4 studenti e ne arrestò centinaia. Il girono dopo l'attacco, 25.000 studenti si riunirono in un sit in per chiedere le dimissioni capo della polizia di Teheran e, in poco più di 48 ore, le rivolte scoppiarono nelle maggiori città iraniane: tutti chiedevano maggiori libertà, di espressione e di stampa, la fine della presenza della polizia nelle università e la liberazione di 13 ebrei iraniani, arrestati dal governo con l'accusa di essere spie israeliane.

Le proteste durarono solo 5 giorni, le autorità religiose, infatti, ordinarono di sedare la rivolta arrestando, centinaia di dissidenti. E anche se alle elezioni politiche del 2001 Khatami ottenne il secondo mandato presidenziale con una vasta maggioranza, ormai nessuno più credeva che potesse davvero introdurre serie riforme all'interno della società e del governo iraniano.