Radovan Karadzic, ex capo dell'esercito serbo-bosniaco, accusato di genocidio dal Tribunale Internazionale per i crimini di guerra nella Bosnia Erzegovina, è atterrato oggi a Rotterdam in Olanda e nei prossimi giorni sarà portato all'Aia per essere processato.

La latitanza – Arrestato il 21 luglio mentre saliva su un autobus in un paesino nei pressi di Belgrado, Karadzic era latitante da 13 anni, e sulla sua testa pesava una taglia di 5 milioni di dollari.

Le autorità serbe non hanno diffuso troppi particolari in merito all'arresto, solo che girava tranquillo per la città, senza che nessuno, nemmeno i suoi vicini erano a conoscenza della sua vera identità. L'ex leader serbo viveva nei pressi di Belgrado, dove lavorava come medico in una clinica privata.

Col falso nome di Dragan Dabic, spacciandosi per croato, si era affermato come esperto di medicina alternativa, partecipando anche a convegni pubblici e scrivendo per riviste del settore. Addirittura, secondo alcuni quotidiani austriaci, Karadzic, con lo pseudonimo di "Pera" aveva lavorato anche tra l'Austria e l'Italia.


L'accusa – Su di lui gravano accuse pesantissime, come aver perpetuato la cosiddetta "pulizia etnica" in Bosnia, aver ordinato il massacro di Srebrenica nel luglio 1995 in cui vennero uccisi 7.500 musulmani, aver bombardato Sarajevo e aver usato 284 peacekeeper delle Nazioni Unite come scudi umani.

La prima accusa contro i militari serbi della Bosnia Erzegovina fu mossa il 25 luglio 1995 ed era articolata in 16 punti, uno dei quali con riferimento al crimine di genocidio, ed altri tre a crimini contro l'umanità. La seconda accusa, riferita ai crimini di Srebrenica, viene sollevata il 16 novembre del 1995: articolata in 20 punti, uno esplicita l'accusa di genocidio e altri nove quella di crimini contro l'umanità.


Lo scenario internazionale – La cattura di Karadzic, però, ha un significato ben più complesso, soprattutto nelle relazioni della Serbia con il resto del Continente. Da anni, infatti, l'ex repubblica Jugoslava aveva fatto richiesta di entrare nell'Unione Europea, ma alcuni paesi come l'Olanda avevano osteggiato la candidatura, sottolineando proprio la scarsa collaborazione di Belgrado nel consegnare al Tribunale dell'Aia i militari accusati di genocidio, tra cui spiccavano Karadzic e Mladic (ancora ricercato).

Così, subito dopo l'arresto, oltre alla soddisfazione espressa dal segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, molti ministri europei hanno lodato la Serbia per la collaborazione offerta al Tribunale dell'Aia. La presidenza di turno francese, per esempio, ha fatto sapere che la presa di Karadžic "costituisce una tappa importante nella via di riavvicinamento della Serbia all'Unione Europea".


Chi è Radovan Karadzic – Rileggendo la biografia del leader serbo-bosniaco, però, emerge una figura complessa, per certi versi del tutto opposta a quella di politico spietato. Nato il 19 giugno 1945 a Petnjica, un paesino nel nord del Montenegro, nel 1960 si trasferì a Sarajevo per studiare medicina, dove si laureò in psichiatria nel 1971.

Dopo un breve soggiorno negli Stati Uniti, Karadzic lavorò in diverse cliniche tra Belgrado e Sarajevo, e nel 1983 divenne psicologo della squadro di calcio della Stella Rossa di Belgrado.

A parte le manifestazione studentesche del 1968, la carriera politica di Karadzic iniziò solo nel 1989, quando fondò, assieme a Milan Babic, il Partito Democratico Serbo, sostenendo gli interessi serbi in Bosnia Erzegovina. Quando il 9 gennaio 1992, fu dichiarata l'indipendenza della "Repubblica del popolo serbo in Bosnia ed Erzegovina" Karadzic ne divenne il primo presidente.

Le accuse del Tribunale si riferiscono proprio alla sua attività politica tra il 1992 e il 1996, anno in cui Karadzic, pressato dal presidente serbo Slobodan Miloševic, si dimise da presidente della Repubblica serba e abbandonò il partito.

Da allora cominciò la sua latitanza. In una delle sue ultime apparizioni pubbliche dichiarò di non riconoscere l'autorità del Tribunale Internazionale e, come il presidente serbo Miloševic, ha fatto sapere di volersi difendere da solo al processo dell'Aia.