L'oppio giunse in Cina attorno al 2800 a.C. Circa tremila anni dopo, nel 1600, l'imperatore vietò l'uso del tabacco da fumo che i cinesi usavano mescolare al potente stupefacente, spingendo così la popolazione a fumare l'oppio puro. Nell'800 i fumatori d'oppio cinesi erano circa 10 milioni mentre una buona parte della popolazione impiegava la droga, a base di morfina, come medicinale. L'uso di oppio divenne una vera piaga sociale, simbolo della decadenza della dinastia Qing. Già nel 1729 un editto imperiale proibiva il commercio e il fumo dell'oppio, ma con scarsi risultati.

Nella prima metà del XVIII secolo, Huang Yuanyu, funzionario dell'imperatore Qianlong, osservava che "nelle pianure centrali, i furfanti e i ragazzacci viziati, gli ufficiali e i loro inservienti, gli attori e i cortigiani, considerano [l'oppio] un ricostituente per rinforzare il loro spirito, che li aiuti a dormire con le donne e i bei ragazzi, e che il suo effetto sia dieci volte più forte di quello ordinario". Nel 1796 un ennesimo decreto ne vietava l'importazione e la produzione. Nell'800 ci furono numerosi tentativi di mettere al bando il terribile stupefacente, ma nessuno di questi riuscì ad arginare il dilagare del contrabbando che si concentrava soprattutto nella zona di Canton, dove attraccavano le navi britanniche.

Ma l'uso dell'oppio non era legato alle classi più basse dell'impero cinese. Mentre l'imperatore Jiaqing nel 1813 stabiliva nel dettaglio le pene per chi ne faceva uso, a corte, eunuchi e funzionari ne fumavano grandi quantità. La produzione dell'oppio avveniva in India (all'epoca colonia inglese), da dove veniva smistato attraverso la Compagnia delle Indie Orientali che ne monopolizzava il commercio.

Nel giro di pochi anni le importazioni di oppio si moltiplicarono a dismisura, passando dalle 18.956 casse del 1821 alle 30.204 del 1831. L'importazione dell'oppio aveva delle ricadute pesantissime sull'economia cinese e soprattutto sulle casse dello stato: le importazioni dovevano essere pagate in argento, e la Cina aveva accumulato un deficit calcolabile in 3 miliardi di chili d'argento (100 milioni di once), il cui peso ricadeva soprattutto sulla popolazione rurale, che veniva pagata in monete di bronzo ma costretta a versare i contributi all'imperatore in argento, il quale - data la sua scarsa reperibilità - era cresciuto di valore.

All'inizio del XIX secolo, la Gran Bretagna aveva un passivo nelle esportazioni con la Cina pari ad uno contro sei (dovuto soprattutto dalla grande richiesta in Europa di seta e tessuti preziosi prodotti nella Terra di Mezzo e la scarsa presa che avevano i prodotti inglesi sul mercato cinese). La massiccia vendita di oppio doveva servire proprio a riequilibrare questa situazione. Nel 1834, il governo inglese, pressato dai mercanti, fu costretto a sciogliere la Compagnia delle Indie, per rompere il monopolio che quest'ultima aveva sui commerci con l'Oriente. In sostituzione al capo della Compagnia, Londra nominò Lord Napier sovrintendente ai commerci con la Cina.

La nomina di Napier aumentò la tensione nei rapporti anglo-cinesi. Quest'ultimo, infatti, non era un mercante, ma ex-ammiraglio appartenente all'aristocrazia, incapace di comprendere le strutture amministrative e giudiziarie cinesi, dove un sospetto contrabbandiere poteva subire un'esecuzione sommaria. D'altro canto, per i cinesi, i mercanti inglesi erano niente più che "barbari", vassalli dell'imperatore. Pochi anni dopo, Napier fu rimosso da suo incarico ma, nonostante la nomina di Charles Elliot come emissario di Sua Maestà, la tensione non cessò di crescere. Nel 1846 Pechino inviò a Canton, dove si concentrava il contrabbando di oppio, il commissario imperiale Lin Zexu, il quale promise pugno duro contro il commercio di oppio, tanto da far distruggere ventimila casse d'oppio appartenenti ai mercanti inglesi e americani.

Questo fu il pretesto (assieme alla mancata consegna da parte di Elliot di un marinaio britannico accusato di aver ucciso un cinese in una rissa) per lo scoppio della guerra. Il 3 novembre 1839 la flotta inglese attaccò il forte di Chuanbi, la prima difesa marittima di Canton. Costeggiando la Cina, le truppe britanniche si diressero verso nord, giungendo alle porte di Tianjin, importante città sulla costa nord orientale del paese. Dopo una serie di intese con le autorità inglesi, l'imperatore, attraverso il proprio emissario Qisan, fu costretto a firmare il Trattato di Nanchino del 29 agosto 1841, in cui vennero sanciti 4 punti fondamentali: cessione alla corona britannica di Hong Kong, indennità agli inglesi di 21 milioni di dollari (messicani), rapporti cino-inglesi su basi paritarie (e quindi fine del vassallaggio dei mercanti europei nei confronti dell'imperatore), riapertura dei porti di Canton, Fuzhou, Amoy, Ningbo, Shanghai dove gli inglesi che vi risiedevano potevano godere del diritto di extraterritorialità.

Dal trattato di Nanchino, il potere imperiale cinese ne uscì fortemente indebolito, in particolar modo, la Cina del 1800 divenne facile "preda" dell'imperialismo europeo. Attorno al 1860, la Cina si trovò a dover fronteggiare una durissima rivolta interna, conosciuta come la rivolta del Taiping. Nel 1856, scoppiò infatti una seconda guerra tra Cina e Gran Bretagna (anche se molti considerano impropria la definizione "seconda guerra dell'oppio"). La scintilla che fece scoppiare il conflitto fu l'attacco di una nave britannica nel porto di Canton. Dopo solo 4 anni dal precedente conflitto, la Gran Bretagna, questa volta coadiuvata dalla Francia, fece capitolare di nuovo la Cina.

Con i trattati di Tianjin, prima, e di Pechino, poi, l'impero asiatico si vide costretto ad aprire i propri porti, marittimi e fluviali, al commercio europeo e statunitense e stabilire rapporti di equità con gli stati stranieri. In compenso l'oppio continuava a dilagare in tutto il paese. Testimone della "passione" che i sovrani nutrivano per questo tipo di droga fu la stessa imperatrice Cixi, che regnò in Cina dal 1861 al 1908. Secondo quanto riportato da Zheng Yangwen nel libro "Storia sociale dell'oppio", l'oppio all'epoca era una convenzione sociale, tanto che le consuetudini dell'epoca recitavano più o meno così: «non si può assolutamente andare a una cena cinese senza avere una pipa d'oppio».