Nel 1894 l'ufficiale francese, Alfred Dreyfus, ebreo di origine alsaziana, fu accusato di spionaggio a favore della Prussia. Tra il 19 e il 22 dicembre dello stesso anno subì un processo a porte chiuse, dal quale fu condannato ai lavori forzati, dopo aver subito la cerimonia di degradazione. Nel 1896 il caso fu riaperto dal colonnello Georges Piquart, il quale presentò una lunga documentazione che dimostrava l'innocenza di Dreyfus e accusava il maggiore Ferdinand Walsin-Esterházy di aver commesso il fatto. Nonostante Picquart fosse stato rimosso dall'incarico, riuscì a lanciare una massiccia campagna di sensibilizzazione nei confronti di Dreyfus che culminò con la famosa lettera al presidente Félix Faure di Émile Zola, J'accuse!, pubblicata il 13 gennaio 1898 sulla rivista letteraria Aurore. A causa del J'accuse!, Zola fu condannato a un anno di carcere e a tremila franchi di ammenda per vilipendio delle forze armate. La situazione si risolse solo il 12 luglio 1906, (Zola era già morto da quattro anni). La corte di cassazione revocò la sentenza contro Dreyfus il quale venne reintegrato nell'esercito. A distanza di poco più di un secolo, l'affaire Dreyfus sembra avere molti elementi moderni, compreso, purtroppo, l'antisemitismo che avrebbe portato all'ascesa nazista in Germania. D'altro canto, si tratta del primo caso mediatico, in cui la forza dell'opinione pubblica riesce a far pressione sulle istituzioni dello stato. In qualche modo un esempio "moderno" di democrazia.