Con l'ascesa al potere dei Talebani, nel 1996, in Afghanistan era stata imposta la Sharia (la legge islamica), nella sua forma più estrema. Le maggiori vittime del regime erano le donne, obbligate a indossare il burqa (nella tradizione araba, niqab, abito femminile che copre l'intera figura), alle quali venivano precluse la scuola e lavoro. Nel marzo 2001, inoltre, il regime di Kabul era diventato famoso per aver distrutto i Buddha di Bamiyan, due enormi statue raffiguranti il Buddha risalenti al 500 d.C. L'occidente inorridì di fronte alla barbarie e l'arretratezza del paese asiatico. La guerra al terrore, iniziata dall'amministrazione Bush, cominciò a cambiare i suoi connotati. L'Afghanistan, così lontano e "diverso", appariva come un altro mondo, dove gli americani, simbolo del progresso occidentale, erano sbarcati per riportare la civiltà. Il rischio era che la guerra al terrore portasse ad un pericoloso "scontro di civiltà". In seguito ai primi bombardamenti americani, infatti, i Talebani accusarono gli States di condurre una "crociata" contro l'Islam, ribadendo la loro estraneità agli attentati dell'11 settembre. Intanto, le critiche all'amministrazione Bush divenivano sempre più insistenti, soprattutto dopo la mancata cattura di Osama Bin Laden. Quella che emotivamente era stata percepita come la risposta d'orgoglio dell'America, si è trasformata in una guerra senza confini contro un nemico "invisibile", nascosto tra gli aridi altopiani di un paese sconosciuto. Ma da un punto di vista mediatico, la violenza e l'integralismo religioso del regime talebano sono state sfruttate a pieno per giustificare la presenza occidentale.