Il 31 gennaio 2005, si tenne un referendum che ratificò la costituzione introdotta il 15 ottobre 2005, in cui l'Iraq diventava una repubblica parlamentare e federale: l'etnia curda otteneva le regioni nord-est del Kurdistan, i sunniti la parte settentrionale e gli sciiti quella centro-meridionale. I sunniti che per anni avevano controllato il paese furono esclusi dal potere. In risposta si organizzarono in gruppi armati, spesso collegati ai movimenti islamici più integralisti e vicini al terrorismo.

Come nel caso della cosiddetta al-Qaeda in Mesopotamia, rete terroristica guidata fino al 2006 da Abu Musab al-Zarqawi (ucciso dai bombardamenti americani), militante giordano, addestrato in Afghanistan e legato alla rete terroristica di Osama Bin Laden e dal numero due di al-Qaeda, l'egiziano, al-Zawahiri. In un clima di forte tensione, il 30 gennaio 2005 si svolsero le elezioni per eleggere il nuovo Parlamento. Sfidando le minacce della guerriglia, otto milioni e mezzo di iracheni si recarono tuttavia alle urne.

L'Alleanza unita irachena sostenuta dall'ayatollah Ali al-Sistani, principale forza sciita, ottenne il 48% dei suffragi, seguita dall'Alleanza curda con il 26%. Il vero sconfitto, penalizzato dai suoi stretti legami con gli Stati Uniti, fu il capo del governo provvisorio Iyad Allawi, la cui lista ottenne solo il 14% dei voti. Sin dall'inizio il nuovo governo, come la stessa Coalizione internazionale però, sembrarono non essere in grado di contrastare il dilagare della violenza che, dopo la caduta di Saddam, si è intensificata, soprattutto nella capitale. Agli inizi di aprile Jalal Talabani, capo dell'Unione Patriottica del Kurdistan, venne eletto alla presidenza del paese. Essendo il presidente curdo, i due vice-presidenti sono una sunnita e l'altro sciita.

Le elezioni legislative del 15 dicembre 2005 si conclusero con la vittoria dell'Alleanza unita irachena, che tuttavia si fermò al 41% dei suffragi mancando la maggioranza assoluta (128 seggi su 275). L'Alleanza democratica e patriottica del Kurdistan ottenne il 21,7% dei voti e 53 seggi. Al terzo posto arrivò il Partito degli iracheni con il 15% dei voti e 44 seggi. Nonostante le pressioni statunitensi e britanniche, la costituzione del nuovo governo fu rimandata più volte a causa dei disaccordi tra le varie forze politiche. Il governo si formò finalmente sotto la guida dello sciita Jawad al-Maliki.

La nuova strategia americana, The Surge, il potenziamento delle truppe sul campo iracheno fu l'ultima sfida di Bush prima di lasciare le redini in mano a Barack Obama. La nomina del generale David Petraeus a capo delle truppe americane in Iraq, però, sembrò dare subito buoni frutti. Dal 2007 al 2007, il numero degli attentati suicidi e degli attacchi nel paese mediorientale (e soprattutto a Baghdad) diminuì sensibilmente.