Nel 1912, dopo duemila anni in cui si erano succedute 24 dinastie imperiali, la Cina divenne una Repubblica. Tra gli artefici di una così profonda trasformazione Sun Yat-Sen, intellettuale e politico, rivestì un ruolo fondamentale, tanto da essere commemorato come il "padre" della Cina moderna. Dopo aver viaggiato in occidente, nel 1905 Sun Yat organizzò a Tokyo il Tongmenghui (Movimento rivoluzionario anti-mancese).

Scopo del movimento era solo non spodestare la dinastia Qing, ma creare in Cina una democrazia, partendo proprio dalle esperienze europee e statunitensi. In questo modo, Sun riuscì a guadagnare non solo l'appoggio straniero, ma anche quello della ricca borghesia del Sud e dei cinesi residenti all'estero.

In seguito alla pesante sconfitta inflitta dalle potenze occidentali dopo la rivolta dei Boxer, la dinastia imperiale ormai aveva perso ogni credibilità. Nonostante i "Cento giorni di riforme" proposte dall'imperatore Guangxu, la situazione politica e economica cresceva sempre più il malcontento nei confronti dei Qing. Una delle più significative trasformazioni di quel periodo fu il rafforzamento dell'esercito, con la creazione di un corpo speciale, l'esercito Beiyang (Beiyang significa "Oceano Settentrionale" e faceva riferimento ai dazi doganali imposti nella Cina del Nord, usati per sovvenzionare la sua creazione).

Organizzato e equipaggiato come le moderne milizie occidentali, a partire dal 1901 il Beiyang fu comandato da Yuan Shikai, personaggio fondamentale nella deposizione della dinastia imperiale. Nel 1908 morirono sia Guangxu che l'imperatrice Cixi, vera detentrice del potere. La dinastia continuò con l'incoronazione di Pu Yi (che all'epoca aveva solo 3 anni, la cui reggenza venne affidata al padre il principe Chun) col titolo di imperatore Xuantong. Due anni dopo, partendo proprio dalle riforme dei cento giorni, venne formata la prima Assemblea Nazionale che avrebbe garantito il passaggio dall'impero alla monarchia costituzionale.

Ma a capo del governo venne nominato lo stesso principe Chun, mentre 7 dei 13 membri del gabinetto appartenevano alla famiglia imperiale. In risposta, molti degli intellettuali e politici che avevano sostenuto il passaggio alla monarchia decisero di ribellarsi contro la dinastia imperiale. La rivoluzione Xinhai o Hsinhai (chiamata così perché il 1911 era l'anno Xinhai nel ciclo sessantenario del calendario cinese) cominciò il 10 ottobre del 1911 con l'insurrezione di Wuchang (città, nella provincia centro orientale dello Hubei, sede dell'industria militare cinese).

Il motivo dell'insurrezione fu piuttosto casuale: un'esplosione dinamitarda insospettì la polizia locale che nel corso dell'investigazioni scoprì l'esistenza di movimenti rivoluzionari all'interno del corpo militare. In risposta agli arresti da parte delle autorità, i membri delle società segrete (tra le quali il Tongmenghui contava il maggior numero di affiliati) insorsero, costringendo gli ufficiali imperiali a lasciare la città. In poco più di sei settimane, 15 province dichiararono la loro indipendenza da Pechino. Nonostante il principe Chun avesse conferito pieni poteri a Yuan Shikai e inviato il Beiyang contro i rivoltosi, la risposta della dinastia imperiale fu lenta e incapace di sedare le rivolte che, in breve tempo, dilagarono in tutto il sud del paese.

Intanto, il 1 gennaio 1912, le province ribelli dichiararono a Nanchino la nascita della Repubblica cinese, nominando Sun Yat come presidente provvisorio (anche se quest'ultimo non aveva preso parte direttamente alla rivolta). Da'altro canto, Yuan Shikai, consapevole della posizione privilegiata in cui si trovava (l'autorità imperiale ormai era persa, e lui rimaneva l'unico a poter contrastare i gruppi rivoltosi), chiese alle province ribelli di nominarlo presidente della Repubblica, in cambio della deposizione dell'imperatore Pu Yi e la conseguente fine dell'impero.

Il 12 febbraio 1912, l'imperatore e sua madre, l'imperatrice Longyu, accettarono la fine della dinastia reale cinese e la nascita della Repubblica. Solo un mese dopo, il 10 marzo 1912, Yuan Shikai prestò il suo giuramento da presidente provvisorio della repubblica. La capitale della nuova nazione divenne nuovamente Pechino, per impedire rivolte nella parte settentrionale del paese, ottenendo anche il riconoscimento da parte dei paesi occidentali. Nel 1913 furono indette le prime elezioni, e il Kuomintang (partito nazionalista cinese, KMT) fondato da Sun Yat nel sud del paese un anno prima, ottenne la maggioranza dei seggi, ma Song Jiaoren, stretto collaboratore di Sun Yat, venne assassinato il 20 marzo dello stesso anno, dopo essere designato capo del governo (molti storici sospettano che il mandante dell'omicidio fosse proprio Yuan Shikai).

A partire dal 1913, la Cina visse un lungo periodo di incertezza. Yuan intraprese una dura azione repressiva nei confronti del KMT, bandendo i suoi membri dall'Assemblea Nazionale. In risposta Sun Yat riparò in Giappone, dove cercò di organizzare una "seconda rivoluzione" per spodestare Yuan. La seconda rivoluzione fallì miseramente, permettendo a Yuan di divenire capo indiscusso della Cina. Iniziò così un periodo di dominio militare che avrebbe portato all'ascesa dei cosiddetti signori della guerra, capi del Beiyang che, tramite una fitta rete di affiliazioni e favoritismi locali, erano diventati i veri detentori del potere nelle diverse regioni cinese.

Il 18 gennaio 1915, il Giappone presentò a Yuan Shikai le "Ventun domande", una serie di proposte attraverso le quali Tokyo, forte di una indiscussa superiorità militare ed economica, reclamava i privilegi ottenuti dopo la prima guerra sino-giapponese, ambendo al controllo sulle strutture politiche ed economiche della Cina. Intanto era scoppiato il Primo Conflitto Mondiale. Il Giappone, che aveva dichiarato guerra alla Germania, riuscì ad occupare le zone controllate dai tedeschi nella provincia cinese di Shandong. L'avanzata nipponica costrinse Yuan Shikai a negoziare il documento che fu firmato il 25 maggio dello stesso anno, concedendo a Tokyo il controllo dello Shandong, della Manciuria e della parte orientale della Mongolia interna, nonché particolari diritti nello sfruttamento economico della base industrio-mineraria nello Hubei.

La decisione di Pechino fece scoppiare una serie di rivolte popolari. Ancora una volta l'autorità politica era accusata di debolezza nei confronti delle potenze straniere. Nonostante il pugno duro e la repressione militare, l'autorità di Yuan Shikai era in crisi, minacciata nel suo interno dai signori della guerra. Per consolidare il proprio poter, sotto consiglio giapponese, Yuan Shikai si autoproclamò imperatore col nome di Hongxian, rifondando, il 12 dicembre 1915, la monarchia cinese. L'opposizione non tardò a farsi sentire: il 25 dicembre il governatore militare della provincia meridionale dello Yunnan, Cai E, si ribellò costringendo Yuan a tornare sui suoi passi dopo poco meno di tre mesi. Il 22 marzo del 1916, la Cina tornò ad essere una repubblica. Yuan morì il 6 giugno di insufficienza renale lasciando il paese in una situazione caotica, in cui il potere era conteso dai signori della guerra.