Nel 2001, 189 stati membri delle Nazioni Unite avevano fissato per il 2015 la data entro la quale debellare la più terribile piaga che affligge il pianeta: la fame. Quattro anni dopo, a Londra i ministri finanziari del G8 (le nazioni industrializzate più la Russia) si impegnarono a cancellare il debito di paesi come Etiopia, il Niger e il Senegal (HIPC, "nazioni povere pesantemente indebitate").

A giugno di questo anno, i membri del G8 avevano promesso 22 miliardi di dollari per raggiungere i famigerati "Obiettivi del Millennio". Ma "solo il 10 per cento di questa somma finora si è materializzata" ha detto Jacques Diouf, segretario generale della Fao (Food and Agriculture Organization), intervenuto ieri a Roma all'inaugurazione della Giornata Mondiale della dell'Alimentazione. Mentre il famigerato Piano Paulson per salvare gli Stati Uniti (e non solo) dal crack finanziario che si è abbattuto agli inizi di settembre ha stanziato (in un battibaleno) 700 miliardi di dollari.

Se, come temono analisti e politici, la crisi avrà pesanti ripercussioni anche sull'economia reale, per i paesi in via di sviluppo si prospettano giorni difficili. Oxfam (ONG operativa in quasi 200 paesi) ha fatto sapere che in Somalia, il prezzo del grano è aumentato del 300% in 15 mesi, mentre il prezzo del mais in tutta l'Africa meridionale è aumentato tra il 40% e il 65%.

Diouf ha precisato, infatti, che "la crisi alimentare esiste ancora e se nel 2007 il numero degli affamati è salito in un solo anno di 75 milioni di persone, arrivando a quota 923 milioni, nel 2008 questo numero rischia di salire ancora". E come se non bastasse, il surriscaldamento del pianeta e i fenomeni a esso legati influiranno in maniera massiccia sulla sicurezza alimentare.

Ma cosa c'è dietro la crescita dei prezzi? Secondo la televisione britannica BBC, la crescita della popolazione (che dovrebbe raggiungere i 9 miliardi entro il 2050), il cambiamento delle abitudini alimentari e l'aumento del prezzo dei trasporti sono le cause principali. In paesi come la Cina e l'India, con un'economia in costante crescita, la domanda di cibo aumenterà proprio in proporzione all'innalzamento degli standard di vita.

Al tempo stesso, l'utilizzo di biocarburanti rischia di far scendere la produzione di grano. Si stima, infatti, che entro il 2010 negli Stati Uniti il 30% del grano sarà utilizzato per produrre biocarburanti. Come se non bastasse, la desertificazione, le frequenti inondazioni e tutti i fenomeni legati al cambiamento climatico hanno un impatto disastroso sulle produzioni agricole.

Anche se il prezzo del grano sta lievemente scendendo, dovuto soprattutto alla diminuzione del prezzo del petrolio che, in questi giorni, oscilla attorno ai 70 dollari al barile, il futuro dei paesi più poveri sembra tutt'affatto che roseo. Anche perché la crisi finanziaria e la recessione rischiano di essere la "scusa" da parte dei paesi ricchi per non onorare gli impegni del millennio.